Saldi: voce ai commercianti turesi
La crisi non risparmia nemmeno i saldi. Lo abbiamo letto sui grandi quotidiani nazionali, sentito nei telegiornali e magari anche sperimentato personalmente. La terribile morsa economica che sta colpendo soprattutto i consumatori medi, ne ha ridotto quasi al minimo il potere di acquisto. Anche in saldo la merce è stata venduta con difficoltà, una situazione che ha visto costretti i commercianti a svendere letteralmente quanto presente in negozio. Abbiamo chiesto anche ai commercianti di Turi come siano andati i saldi in paese, cercando di capire quale fascia della popolazione compra di più e quale sia, ad oggi, il potere d’acquisto dei turesi. Ad una prima indagine, hanno retto bene alla crisi i negozi di abbigliamento delle grandi griffe, dove sicuramente continua a servirsi chi, detta in parole povere, i soldi ce li aveva e continua ad averceli.
Problematica, invece, è la situazione di quei commercianti che si rapportano con il consumatore medio, il bersaglio principale della crisi: quest’ultimo ormai compra solo quando si vede costretto, per necessità. In questo caso i saldi sono andati male, anche peggio del 2013. L’aumento dell’IVA al 22 % ha dato poi il colpo di grazia. Una commerciante si lamenta del fatto di non riuscire nemmeno ad assumere una persona che possa sostituirla per un weekend e che le converrebbe di più chiudere un paio di giorni, un’altra pone la questione della disorganizzazione a Turi, dove ogni negozio apre o chiude quando vuole, mettendo in crisi il consumatore che, volendo fare più acquisti nel medesimo giorno, rischia di trovare alcuni esercizi aperti ed altri chiusi, vedendosi costretto ad andare a spendere al Centro Commerciale di Casamassima.
C’è chi lamenta la mancanza delle istituzioni, una burocrazia lenta, lunga e troppo costosa, anche per un semplice spostamento da un locale all’altro, chi la miriade di tasse con cui lo Stato, come una sanguisuga, ruba alla gente. Chiediamo alla proprietaria di un esercizio commerciale se abbia mai valutato l’dea di tirare giù la saracinesca e chiudere per sempre, ci risponde – “e che faccio dopo? Ho già 41 anni, chi mi prenderebbe a lavorare?”. Non resta dunque che resistere, sperando di non dover sprofondare ancora di più, di aver toccato ora il fondo, segno che peggio di così non si può andare e che ci attende solo una brillante risalita.