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“Troppo amore: sbagliato”

itc Antiviolenza

Troppo spesso, accendendo la televisione, si ascoltano notizie di cronaca che ci lasciano senza parole. Si parla spesso di femminicidio, una parola ormai entrata nel nostro vocabolario e che troppo spesso s’installa nei nostri pensieri, nelle nostre voci, nelle nostre paure lasciando un segno indelebile del suo passaggio. Si ascoltano episodi che interessano donne e famiglie di ogni angolo del mondo e si resta interdetti quando riguarda donne vicino a noi, che forse abbiamo una volta incontrato per strada o con la quale abbiamo stretto anche una breve conversazione. Un fenomeno dilagante sul quale accendere i riflettori della nostra attenzione e verso il quale sensibilizzare soprattutto i più giovani, quelli chiamati a formare le nuove famiglie, luogo dove si riscontrano i maggiori episodi di violenza.

È stato fatto nella mattinata di sabato 18 gennaio, presso l’auditorium dell’ITES “S.Pertini” di Turi, con luogo un incontro-dibattito sul tema del femminicidio e della violenza di genere, al fine di sensibilizzare i giovani su un grave fenomeno, segno di inciviltà e barbarie culturale, purtroppo balzato agli onori della cronaca giornalistica per i tantissimi e ripetuti episodi di violenza brutale e gratuita commessa a danno delle donne.

A dibattere con i ragazzi, la dottoressa Angela Lacitignola, del Centro Antiviolenza “Rompiamo il silenzio” di Martina Franca, l’avvocata Margherita Antonia Pugliese e la dottoressa Giulia Sannolla, referente dell’Assessorato del Welfare della Regione Puglia.

L’incontro, rivolto ai ragazzi dell’istituto, s’inserisce nel più ampio progetto abbracciato dalla scuola, come lo stesso professor Osvaldo Buonaccino d’Addiego ha spiegato aprendo l’assemblea, con la partecipazione di alcune classi dell’Istituto al concorso regionale “Troppo amore: sbagliato”, e la realizzazione di due video sul tema del femminicidio e sulla violenza in generale. Ad aiutare i ragazzi in questo progetto, le prof.sse Beatrice Bolognini e Pastore.

Un minuto di silenzio per ricordare l’ultima vittima di una brutalità familiare, Giulia Milano, di Gioia del Colle, il cui corpo è stato trovato nella campagne di Castellaneta e vittima della gelosia del suo partner. A lei come a tante altre donne il pensiero di quanti nella mattinata di sabato hanno voluto partecipare all’incontro di sensibilizzazione con un confronto, al termine delle relazioni, con gli stessi ragazzi. Un’immagine significativa ha capeggiato l’intero incontro, quella delle “Zapatos rojos” dell’artista Elina Chauvet, diffusa e divenuta noto simbolo del “No” alla violenza sulle donne.

Donne che spesso hanno paura di parlare, donne che non hanno il coraggio di denunciare, donne che temono i commenti di familiari, donne che restano impotenti dinanzi alle parole di chi le impedisce di vivere. “Donne che spesso fanno fatica a chiedere aiuto, donne che si affacciano ai centri anti-violenza quando ormai la violenza è stata consumata” – ha aggiunto la dott.ssa Lacitignola esponendo il difficile tema ai ragazzi dell’Istituto. Un forte accento è stato posto sull’origine culturale del problema, sulla disparità di potere tra uomo e donna che si ripercuote anche nel rapporto tra adolescenti e ragazzi attraverso un linguaggio violento usato da circa il 70 % di loro. Tutto questo si traccia un amore “troppo forte, in un possesso, in una gelosia violenta” – come ha accennato la referente dell’Assessore Gentile, la dott.ssa Sannolla. “La prima causa di uccisione nel Mondo delle donne tra i 16 e i 44 anni è l’omicidio (da parte di persone conosciute). Negli anni Novanta il dato non era noto, e quando alcune criminologhe femministe verificarono questa triste realtà, decisero di “nominarla”. Fu una scelta politica: la categoria criminologica del femmicidio introduceva un’ottica di genere nello studio di crimini “neutri” e consentiva di rendere visibile il fenomeno, spiegarlo, potenziare l’efficacia delle risposte punitive”, scrive Barbara Spinelli sul Corriere della Sera. Chi ha coniato questo termine? “È per la giornalista Marcela Lagarde «La forma estrema di violenza di genere contro le donne, prodotto della violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato, attraverso varie condotte misogine -maltrattamenti, violenza fisica, psicologica, sessuale, educativa, sul lavoro, economica, patrimoniale, familiare, comunitaria, istituzionale- che comportano l’impunità delle condotte poste in essere tanto a livello sociale quanto dallo Stato e che, ponendo la donna in una posizione indifesa e di rischio, possono culminare con l’uccisione o il tentativo di uccisione della donna stessa, o in altre forme di morte violenta di donne e bambine: suicidi, incidenti, morti o sofferenze fisiche e psichiche comunque evitabili, dovute all’insicurezza, al disinteresse delle Istituzioni e alla esclusione dallo sviluppo e dalla democrazia»” – ha spiegato ancora la Sannolla, sostenuta dall’avvocatessa Margherita Antonia Pugliese. “Tengo all’essere ‘avvocata’ e non ‘avvocato’”, anche se è forte, nella nostra società e tra le stesse donne, il “senso di inferiorità rispetto agli uomini”, come anche nella nostra legislazione. Le leggi a tutela delle donne sono molto recenti e fino al 1996 le differenze tra uomo e donna erano ancora molto forti e le pene nei confronti più severe se il peccato era compiuto da una donna.

Un lungo incontro con tante riflessioni, sviluppi, commozioni, culminato con un dibattito con i ragazzi e la presentazione di due lavori che si stanno portando a termine e che partecipano al concorso della Regione Puglia: “Troppo amore: sbagliato”.

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