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Non voglio più essere Italiano.

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Identificare una persona significa evidenziare non solo a quale gruppo appartiene, ma anche a quali altri gruppi non appartenere. Per nazionalità, s’intende il senso di appartenenza ad una nazione come organismo unitario nella totalità dei suoi aspetti etnici, culturali e sociali. Ma se questo senso di appartenenza venisse meno, avresti due strade possibili: sforzarti e fare finta di credere che le cose possano cambiare oppure rinunciare alla propria nazionalità. 

Perché rinunciare?

Perché prendere un’altra nazionalità?

Cosa cambia se non rinunci alla prima?

Cosa significa essere italiano, quando risiedi e lavori all’estero da una vita? Anzi, in Italia non hai mai lavorato?

L’Italia diventa una dimensione onirica, di appartenenza a prescindere, un’unità di identità con il Rinascimento, con lo splendido territorio, con la Cultura, con Manzoni, con Pasolini.

È  il luogo della vacanza nel paese d’origine. È lo stesso intrinseco sapore dei pomodori appennuti. È il legame con la semola delle orecchiette, con la vita della signora che le ha amorevolmente impastate, con l’acqua che le rende pasta.

Allora perché rinunciare a quel passaporto con la I, perché volerne uno con la L?

E’ un gesto di amore, non di rinuncia, ma di rifiuto.

Rifiuto dei tempi moderni, della società gretta ed arretrata degli abitanti della penisola, del modo distorto di vedere non solo il futuro, ma sopratutto il presente.

E’ il rifiuto di una gestione politica fallimentare che ha esautorato i cittadini dall’unico loro potere, quello di votare i propri rappresentanti. Oggi è sotto gli occhi di tutti, tanto più che siamo in piena campagna elettorale: i candidati non rappresentano nessuno. Chi si sente rappresentato da un Monti, un Berlusconi o un Bersani alzi la mano. Niente, calma piatta, tutti tetraplegici. A parte i Berlusconiani che alzano teso il braccio destro…

Cosa ci ha rubato questa classe politica? Il futuro! urlano i giovani. Il presente! urlano gli uomini di mezza età. Il passato! ribadiscono gli anziani.

Infatti ha rubato, a tutte le generazioni, la prospettiva. La fiducia nei propri mezzi. I valori. Eccola la parola: valori.

Ma cosa sono questi valori? Patria, Famiglia, Libertà, Onore, Dignità.

Patria. Che senso ha questo vocabolo nel 2013? Non si può più pensare alla Patria come alla Madre Terra d’origine. Non si possono più usare le immagini retoriche ed abusate del Risorgimento. La Bandiera. La Patria nel mondo allargato del giorno d’oggi può solo significare appartenenza. Appartenenza ad una cultura, appartenenza ad un gruppo di persone che sentiamo vicine nel modo di pensare e sopratutto nel modo di sentire, nella sensibilità quotidiana ed in quella più alta dei valori fondamentali dell’umanità. Patria allora significa anche Lingua Madre. Significa conoscere la letteratura e l’arte e l’architettura. E la geografia dei posti che ami, cui sei legato per un qualsiasi motivo personale.

Da espatriato di lunga data, esiste ancora per te la Patria. Ovvio che si’, per quanto detto prima, ma: corrisponde all’Italia? O non più? O la vita e le esperienze e la cultura e le lingue ed il cibo mangiato a colazione pranzo e cena ti hanno modificato, rendendoti un diverso? Quante Patrie hai? A cosa ti senti di appartenere? Possono i confini geografici delle cartine contenere quello che senti tuo, e cui senti di appartenere?

Famiglia. Purtroppo la società attuale ha svalutato questa istituzione, nell’incancrenimento generalizzato delle relazioni sociali il legame di sangue ha perso di forza. La frammentazione della famiglia va di pari passo con l’estremizzarsi dell’atomizzazione della società, dove un individuo resta SOLO e non è parte di un gruppo familiare. Le tensioni sociali dovute alla scarsità di lavoro obbligano a cambiare città, lasciarsi dietro genitori e nonni e fratelli, ricominciare da individui singoli a tessere la propria rete di protezione, rinunciando a quella familiare che per millenni è stata l’ancora di salvezza dei deboli. Ha dato quando sei piccolo, e ha chiesto quando sei grande e la famiglia è vecchia. Adesso abbiamo genitori single. Figli abbandonati a se stessi. Vecchietti soli in ospizi desolati. Vicini di casa che non si salutano. Tanti uomini soli, obbligati a condividere spazi comuni, ma che non hanno nulla in comune con gli altri che gli stanno intorno.

Libertà. Libertà di cosa? Cos’è che significa questa parola? Siamo abituati, noi fortunati che non abbiamo vissuto la Seconda Guerra e le dittature che l’hanno causata, a pensare liberamente, parlare liberamente, agire liberamente. Ecco: libertà e’ poter essere se stessi senza essere represso dal prossimo, dall’opinione pubblica, dagli altri. Libertà è allora laicismo, apertura mentale, accettazione del prossimo, per diverso che sia. Libertà è allora anche il matrimonio tra gay. Libertà è il musulmano che viene a pregare nel tuo paese. Libertà è avere un avversario dialettico che la pensa in maniera diversa da te, e riuscire a rispettarlo. Libertà è rispetto dell’altro. Libertà e’ potere avere le proprie idee.

Onore. Parola archeologica, sembra di essere in un film sulla Sicilia di inizio Novecento. Cos’è l’onore, al giorno d’oggi? Ha onore uno che ha ricevuto un attico al Colosseo a sua insaputa? Ha onore uno che ha fatto eleggere le sue concubine a cariche istituzionali? Ha onore uno che siede in Parlamento solo per arrivare all’assegno di pensione dopo pochi anni? Ha onore uno che ruba il proprio stipendio con l’assenteismo? Onore al giorno d’oggi e’ poter essere fieri di se stessi, rispettare i propri principi, dare il massimo possibile in ogni situazione in cui la vita, privata e pubblica, ti mette. Onore e’ non tradire il prossimo.

Dignità. È un’altra faccia dell’onore. È fare il proprio lavoro, portare a casa il proprio salario, gestirlo oculatamente, dare istruzione e serenità alla propria famiglia. Poter avere la schiena dritta anche se ce la si e’ spaccata in fabbrica per una vita. È non voler “arrivare” ad ogni costo in alto alla piramide sociale, alla sommità della quale non c’e’ la rarefazione dell’aria, ma la rarefazione dell’onestà, intellettuale e non. È meritocrazia.

Gli esempi della vita pubblica, basta vedere un telegiornale, hanno slavato i concetti dietro ai valori. Tanto che neanche un partito che si chiama “Italia dei Valori” ne rispetta alcuno. Anni di cattiva gestione della cosa pubblica, di allontanamento della gente dalla politica, e della politica dalla realtà, hanno portato la mancanza generalizzata di aspettative. Nessuno si aspetta nulla dalla politica (a parte quelli che ne finanziano a buon rendere le campagne elettorali). La gente comune subisce la politica, passivamente, come non la riguardasse. Anzi ne è disgustata. Tanto da restare passiva di fronte all’ennesimo pagliaccio che fa slogan elettorali palesemente irrealizzabili e crede di coglionare ancora una volta un popolo intero (e rischia peraltro di riuscirci…).

Quale movimento politico può farsi portatore di queste considerazioni? Quale partito può ripristinare la percezione dei valori? Chi può promettere che il fatto di dare il massimo, di applicarsi, di studiare, di progredire come persone può bastare per una vita dignitosa? Non vedo nessuna formazione politica che neanche accenna a questo problema. Si parlano addosso gridandosi l’un l’altro “tu sei peggio di me”. Ed hanno ragione. Tutti.

Allora basta.

Basta ad un patrimonio artistico enorme in degrado totale. Basta ad una natura meravigliosa ma lasciata in mano alle mafie. Basta ad un paese in cui la decerebralizzazione delle masse è stata sistematica dal 1980 in poi. Basta ad un paese in cui gli unici che dicono la verità sono i comici. Basta ad un paese in cui le stragi di Stato vengono protette in aloni di mistero per decenni.

Per dire questo basta, però, non è sufficiente prendere un documento lussemburghese, non basta dire “gudd moïen”. Bisogna pure rinunciare al documento italiano…

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