Sel: “Non abbiamo comunicato molto”
Decisamente una persona di carattere Lea Durante. Una donna che, tra l’altro, crede fermamente nel potere del pensiero delle donne e dei giovani. Originaria di Bovino, in provincia di Foggia, la candidata Sel al Senato ha vissuto a Napoli per poi stabilirsi a Bari. Componente della segreteria regionale di Sel, partito al quale ha aderito dopo tanti anni di militanza in Rifondazione comunista, insegna oggi Storia della critica letteraria all’Università degli studi di Bari. E proprio gli studenti e le studentesse sarebbero, a suo dire, primaria fonte di ispirazione politica.
Alle porte delle elezioni nazionali. Guardandosi indietro, quali pro e contro intravede nel governo Vendola in Puglia?
A mio parere gli aspetti positivi del governo Vendola sono essenzialmente due: la politica sulle energie rinnovabili, quindi tutta la partita che riguarda il tema dell’eco sostenibilità dal punto di vista energetico, e l’idea di cultura come motore dell’economia e di coesione sociale. Quest’ultimo aspetto mi sembra abbia pervaso tutti i settori in Puglia, anche l’università, se si pensa che dall’anno prossimo nella nostra regione gli studenti universitari riconosciuti come idonei per la borsa di studio la riceveranno al 92% e non al 50% come è avvenuto finora. In Puglia sono state messe in campo tante forze e molte proposte sono diventate un modello anche per altre realtà amministrative. Ciò che invece credo abbia funzionato di meno in questi anni è stata la relazione stabilita con gli utenti, nel senso che sul tema della comunicazione ci siamo spesi poco. Mi riferisco alla comunicazione sui provvedimenti legislativi regionali e sulle innumerevoli attività realizzate. Ciò è paradossale se si pensa che invece una delle maggiori critiche mosse a Vendola riguarda proprio l’aver messo al centro del suo operato la comunicazione.
Quali aspetti positivi e negativi individua invece nel governo nazionale di Monti?
Di positivo non vedo nulla in quel governo perché penso che, avendo traghettato e normalizzato le politiche di destra del precedente governo Berlusconi, Monti abbia rappresentato un problema gigantesco tant’è che dal mio punto di vista sarebbe stato meglio andare a votare un anno fa. In Italia ormai moltissima gente quando doveva commentare Monti sottolineava il suo essere più serio rispetto a Berlusconi. Ma il fatto che la serietà e la presentabilità siano stati gli elementi dei quali ci si è accontentati, quando invece la politica dovrebbe essere strategia e idea di governo, la dice lunga su quanto eravamo caduti in basso.
A proposito di questioni finanziarie, crede che l’euro rappresenti un peccato o una risorsa per l’Europa?
L’euro è assolutamente una risorsa, soltanto che sarebbe necessario rinegoziare tanti elementi legati all’ambito finanziario, ad esempio il fiscal compact che ha una ricaduta immediata anche sul significato di moneta comune. Noi come Sel lo diciamo da molto tempo e ultimamente stiamo notando che anche il Pd sta abbracciando questa idea. In realtà però tutte le compatibilità europee andrebbero rinegoziate. Nella Regione Puglia abbiamo rotto consapevolmente il patto di stabilità perché le griglie entro le quali ci era stato chiesto di operare nella pubblica amministrazione erano impraticabili. Non ci si può permettere di avere soldi nelle casse e di non utilizzarli per investire nelle infrastrutture, per ragionare di sviluppo in termini concreti. L’euro come simbolo dell’economia internazionale deve essere assolutamente rinegoziato dal punto di vista sociale.
Se fosse presidente del Consiglio quale provvedimento varerebbe nel corso della prima riunione del Consiglio dei ministri?
Mi occuperei innanzitutto di rivedere la riforma del mercato del lavoro varata dal ministro Fornero e la riforma dell’università. Non so se queste saranno davvero le più grandi priorità del prossimo governo, però sono le cose che ho potuto respirare più da vicino come docente e come persona che vive molto tra i giovani.
Passiamo al lavoro. Come crede si costruisca il salario minimo?
Questo è uno dei nostri grandi temi. Penso che il salario minimo costituisca una misura di civiltà considerando che negli altri paesi europei questa possibilità già esiste e lo sottolineo perché mi fa impressione vedere che quando avanziamo questa proposta veniamo visti come degli estremisti. Proprio in una società come la nostra dove il lavoro non si può configurare come una condizione stabile per gli individui non si può agganciare la cittadinanza solo al lavoro. Noi da questo punto di vista siamo convinti che sia necessario trovare delle risorse. Sono convinta che se si disinvestisse dalle spese militari e si investisse nella formazione e nella ricerca giungerebbero vantaggi da tutti i punti di vista. Produrremmo brevetti, ragioni di sviluppo industriale e agricolo, crescita nel settore delle comunicazioni.
Prima ha dichiarato di avere un rapporto privilegiato con i giovani. Come vivono oggi i ragazzi l’università e la politica?
I giovani che incontro io quotidianamente studiano però sono anche persone che forse per certi versi scelgono la Facoltà di Lettere, che è quella in cui insegno, perché credono che la formazione dei soggetti non debba essere legata immediatamente a una professione. Importante è il rapporto tra formazione e mercato e va cambiato. Io come professore non devo andare incontro passivamente alle richieste del mercato, devo orientarle in base a quello che è il tipo di vocazione del territorio.
Cosa si aspetta da questa candidatura?
C’è una cosa che mi piace moltissimo nelle liste di Sel: ci sono tante donne e ciò che è più importante donne portatrici delle più varie esperienze, tipo nel campo dei diritti internazionali, dell’economia, della cultura, del lavoro, dei diritti civili e, cosa che li accomuna tutti, nel campo della liberazione della donna. Pensiamo, attraverso tali candidature, di portare anche una piccola rivoluzione in Parlamento. C’è davvero bisogno di questo in Italia, c’è bisogno del pensiero delle donne. Mi aspetto che questo governo di centro sinistra sia in grado non soltanto di governare il paese ma anche di essere il motore di un cambiamento culturale perché è davvero ciò da cui bisogna partire. Sul fronte dei diritti civili credo che se ci fossero più donne in Parlamento, portatrici di storie e capaci di portare avanti idee di un certo spessore, i diritti civili farebbero un balzo in avanti enorme anche nella società. Sono convinta che la qualità delle donne di guardare alla vita e al rapporto tra economia e politica ponendo al centro la politica e non l’economia possa davvero cambiare le cose.