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Politica

Cento differenti argomentazioni

genghi

Col tempo che scorre inesorabile, passano le stagioni, passano gli anni ed i decenni, scordandoci, a volte, di vivere nel nuovo secolo e nel nuovo millennio. Comunque, col tempo passato, ad ognuno rimane, oltre all’esperienza della vita vissuta, il ricordo delle parole dette, sussurrate, gridate, ascoltate, ma come foglie morte il vento ha già portato via disperdendole. Sopravvivono invece gli scritti, testimoni indelebili di un tempo, di un evento. Sono parole scritte sulla carta, incise nel legno, scolpite nella pietra, impresse nel metallo, riportate sul web. Parole che compongono frasi di scritture private, inviate, ricevute, tramandate, divulgate. Così, il riferimento va ai miei interventi scritti che dal 1995, solo quelli pubblicati dai giornali locali, hanno superato il considerevole numero di cento unità. E prima di ogni cosa, vorrei ringraziare i direttori di queste testate per avermi dato la possibilità di divulgare il mio pensiero sempre sincero ed obiettivo, spesso critico, ma sempre rivolto al bene comune. Sono cento, ma non li dimostrano. Hanno sorpreso pure me nell’enumerarli. Così un tale novero non rappresenta un traguardo, ma solo una tappa, un’entità. Cento, come gli anni di un secolo, come i mitici cento all’ora raggiunti e superati dai pionieri della velocità. Cento interventi rappresentano un numero rilevante di argomenti sempre diversi che hanno difeso ragioni, espresso opinioni, analizzato questioni, vagliato amministrazioni, indicate soluzioni, proposte innovazioni, trattati sempre con onestà di intenti. Cento storie che, a prescindere l’eco di qualche cinguettio balbettante dovuto più ad uno stupido spirito di contraddizione che a rispettabili contrapposte ragioni, hanno trovato quasi sempre la condivisione dei lettori, in quanto, riportando il comune sentire, sono riuscito ad amplificare i problemi che ancora continuano ad assillare la comunità, stanca di essere illusa e puntualmente disillusa da avvicendati avventurieri che hanno contribuito a penalizzare ulteriormente la società, il territorio e l’ambiente. Cento interventi di diversa natura, come singoli frammenti eterogenei che incasellati in un gigantesco mosaico formano la raffigurazione di un tempo, di un evento, di un disagio o di una storia. Storie di paese, fatti di vita, problemi comuni, ragioni comuni, delusioni comuni. Ho raccontato di speranze tradite, di falsi predicatori, di incapaci timonieri, di dignità comprate da politicanti arrivisti e di dignità, di elettori, svendute meschinamente quasi prostituendosi, e non per bisogno, ma per sollazzo. Ho raccontato di volontà codardamente arrendevoli di chi non ha mai voluto combattere e neanche protestare, ma solo estraniandosi, adombrandosi, confondendosi. Spesso ho tentato di capire quella mentalità insita nel DNA della più tradizionale turesità, assimilabile ad un’ancora che ci tiene ormeggiati facendoci sognare mari esotici e crociere fantasiose. Questo forse, ci fa sentire paghi, evitando di impegnarci a spingere in avanti la leva del progresso, della modernità e della funzionalità, per continuare a vivere nella solita uniformità, come se circoscritti da mura megalitiche, assestanti, assuefatti, astenuti. Cento interventi, non ancora esaustivi, per parlare del nostro paese, della vita politica, di pubbliche realizzazioni, di questioni ambientali, di sicurezza stradale, di economia e stato sociale, di questioni etiche, di sprechi, di rifiuti, di urbanistica, di energie rinnovabili, di BOC, di agricoltura, delle tradizioni, del pubblico degrado e di tanto altro ancora, fino all’orologio della piazza e della fontana della villa, monumenti statici, perché spesso sono fermi e spenti, forse, per oblio: poi parlando anche di politica nazionale ed europea, di euro e di spread. Così, come alla fine di ogni tappa, più che un consuntivo, va fatta una considerazione ricognitiva e fermo restando le impressioni del lettore, quasi sempre concorde con l’esposizione dei fatti, va ricordato che qualche volta c’è stato chi ha voluto confrontarsi palesando ragioni alternative anche condivisibili. Altri sono risultati sempre latitanti. Qualche altra volta, invece, c’è stato chi, richiamato al senso del dovere, non sapendo fare tesoro del consiglio e della disapprovazione ricevuta per il disastroso operato amministrativo, è intervenuto difendendo ragioni insostenibili, esponendosi, così, al pubblico ludibrio. Poi, di tanto in tanto, c’è sempre un qualche ingenuo avannotto che, scambiando l’esca con la preda, rimane impigliato nell’amo della lenza, tesa, per finire scottato sulla brace della dialettica. Poi ci sono quelli che, affollando le tribune ed apprezzando l’impegno agonistico ed i virtuosismi del gioco, non plaudono mai per timore di farsi scoprire tifosi. Mentre quelli più disinvolti sono sempre instancabili sostenitori. Così, con le tante sfaccettature del modo di essere di ognuno, il tempo va, tentando di smuovere quell’affollato carrozzone con la locomotiva che sempre sbuffa e mai parte, dal quale si propaga il gran vociare dei passeggeri. È l’eco di un parolaio diffuso, spesso confuso ed astruso, dove a volte diventa difficile capire o farsi capire, come se si parlassero lingue diverse. In un simile contesto “naviga” l’imbelle, quando, nel vano tentativo di prevalere senza competere, ricorre all’insinuazione o alla contraddizione scoprendosi insipiente. Comunque, il percorso temporale e di vita continua. Da domani ci saranno nuove motivazioni per tornare a scrivere, per continuare a considerare, a valutare, ad informare, su vecchie e nuove evenienze. E nel concludere mi rivolgo ai signori lettori, a chi risiede a Turi e a chi da Turi è lontano, ma che la nostalgia li porta ad informarsi più assiduamente su quanto accade qui da noi, a tutti quanto rivolgo un doveroso ringraziamento per avermi seguito in tutti questi anni, sperando che continueranno ad avere la bontà di leggermi.

Con la stima di sempre

Angelo Matteo Genghi

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