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Centro Storico: un patrimonio da tutelare e conservare, ma come fare?

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Dopo l’incontro con Stefano De Carolis ho voluto scambiare altri pareri con chi, da via Forno Comunale, ci passa frequentemente, gli eccellenti fruitori di una delle più belle strade del Borgo antico, certamente la più abitata, la più vissuta. Tra essi l’architetto Gregorio Topputi che proprio lungo il tratto iniziale ci vive e soprattutto svolge la sua attività professionale. Il suo studio tecnico più volte ha subìto spiacevoli allagamenti in giornate particolarmente piovose, segno indicativo di un grave problema funzionale fattosi di urgente ripristino ma non solo. Quando l’acqua piovana va dove non deve, il problema è civico, pertinente alla città. Sentiamo alcuni passanti: “E’ stato un recupero interessante, di chianche da sempre esistite e che nessuno mai distruggerà vista la mole… ormai lungo questa strada non si poteva più camminare”, dice il sig. Cassotta . E continua il sig. Giovanni Cazzetta in verità fortemente critico circa il controllo di lavori pubblici: “… entrava acqua piovana in un sottano. Riparato il guasto hanno rimesso le chianche esistenti e mi auguro che quel pezzo fatto di chianche moderne non sia attraversato inutilmente da mezzi pesanti, escluso il carretto dell’immondizia, come avviene in altre strade. Sarebbero soldi perduti per lavori iniziati e non completati, come al solito, tanto le colpe se le scaricano a turno ”.

Architetto ho evidenziato la difficoltà dei turesi nel dialogare con chi è preposto alla soluzione di questi problemi, parliamo sull’ ideale metodologia d’intervento ?
I cittadini il recupero lo accettano ma parlerei piuttosto di un giusto modo di intervenire seguendo una attenta programmazione. Gli interventi, pur soddisfacendo l’ aspetto visivo alle persone che qui ci abitano, non sempre rispondono alla soluzione vera. Non confondiamolo col ricorso all’azione di tamponamento lasciato piuttosto alla casualità, all’urgente “richiesta”. In questo caso, l’umidità è sempre stata una costante irrisolta, causata dalla diramazione delle due stradine che concentravano l’acqua piovana in questo tratto viario prima di scendere verso la grata principale.

Perciò nelle intenzioni l’intervento era da considerarsi risolutivo?
Vedremo nel lungo tempo i risultati. Il problema del flusso e non ristagno delle acque va verificato, viste le ridotte dimensioni del tratto stradale; si è cercato di rispettare l’esistente posizionamento che convoglia l’acqua verso il centro, comunque. Ma con le violente precipitazioni degli ultimi anni, da privato cittadino potevo solo lamentare di non poter più uscire di casa in giorni piovosi. Qui c’è una sezione ristretta rispetto alle due (via Rosario e prolungamento di via Forno Comunale) , il punto di raccolta provocava l’allagamento. E’ un triste esempio di vivibilità, non si può rimanere ostaggi in casa per il pericolo di cadere. Molti anziani hanno lamentato disagi dovuti alla presenza di buche e un primo intervento ha interessato il parziale rifacimento del manto stradale. Non era il massimo ma almeno ha tamponato il problema non risolvendolo appieno. Nel momento in cui sono andati a scarificare l’asfalto sono riapparse le chianche, purtroppo martellate per far aderire l’asfalto, però in buone condizioni. Da privato cittadino suggerii di non intervenire con la posa di lastre sottili di pietra (uguali a quelle apposte ultimamente di 4-5 cm. d’altezza). Avrebbero risolto sì un intervento più incisivo, economicamente, ma difficilmente si sarebbero omologate pur riprendendo la quadratura esistente: si creava un problema di coesione fra le varie parti e quelle mancanti erano di difficile reperimento.

Sono accatastate in via Cisterne ma ricoperte da ampia vegetazione e la pianificazione economica non permetteva altrimenti, suppongo.
L’osservazione presentata e il conseguente intervento così importante, senza programmazione e un soddisfacente budget economico suggeriva di rimandare. Fatti salvi i casi d’emergenza, meglio rimandare. Certi lavori richiedono cautela anche per non gettare soldi inutilmente per lavori provvisori, abbozzati: posso capire l’imbarazzo del politico di turno costretto a disattendere la richiesta del cittadino interessato al suo uscio di casa, ma l’interesse è generale. Ecco perché la volontà politica ha molti limiti quando non è supportata da un intervento vero e proprio. Nel caso in questione, il problema è stato evidenziato ai Vigili Urbani e agli Uffici preposti in Comune, altri vedendomi come figura tecnica qui residente sceglievano di considerarmi legittimo referente della situazione. Raccoglievo le lamentele, ero anzi il più disagiato, mettevo in conto tutte le sfumature del caso, ma ero ovviamente convinto che l’intervento richiedeva una certa perizia.
Prima di aprire il cantiere del tratto di strada, era meglio procurarsi le chianche vecchie depositate.
I lavori vanno pianificati in tempo utile, non deve succedere che un piccolo tratto di strada diventasse funzionale a metà. Del resto il raccordo con l’asfalto è stato acciabattato, un cordone provvisorio si poteva prevedere, fino a quando non si interveniva col raccordo tra l’esistente e il nuovo, dando così l’idea di completezza stradale. Di uniformità. Serviva un senso di finito non di bruttura. Il cemento ha una limitata resistenza nel tempo, di esempi ce ne sono in abbondanza anche intorno ai tombini e pozzetti. Più logico sarebbe stato riquadrarli, dedicando più tempo nei dettagli. Anche la scelta di martellare le “vecchie” era un modo di uniformarle alle “nuove”, gli è stata tolta la patina della storia, un alone del passaggio di tante persone.

Quindi, come per i muri, nemmeno l’intervento con la sabbiatrice era giustificato, ci servirà in seguito, parliamo della figura di Architetto condotto, è necessario?
Ho sempre pensato che gli interventi all’interno di un contesto urbano possa essere guidato, quando la partecipazione attiva dei residenti la si rende attiva. E’ essenziale l’opera di informazione per scoraggiare interventi asettici e imposti dall’alto. Un intervento va “aiutato” come indicano i laboratori di quartiere organizzati volta per volta da Enzo Piano, conosciuto come il più grande architetto vivente di fama mondiale. I suoi progetti rispondono appieno nel dare un contributo effettivo al vissuto. Nei centri storici specie i residenti anziani sono la memoria storica, quindi loro danno il contributo culturale, sono un’importante risorsa per qualsiasi intervento, anche futuro. E’ la partecipazione attiva che bisogna promuovere, mettendo a disposizione dei residenti un luogo d’incontro per esprimere ciò che normalmente dicono tra di loro o privatamente al referente pubblico. Anche le figure professionali darebbero volentieri, se supportate ufficialmente dai Comuni.

Il Piano Particolareggiato del centro storico è insito in tutto ciò?
I piani riflettono argomenti ampi, danno indirizzi generali, la sua applicabilità richiede studio di casi singoli invece. Chi progetta deve giungere alla sintesi, ad esempio gli infissi in legno possono benissimo essere sostituiti da quelli in alluminio o con il supporto metallico. Decide la praticità spesso: costi, manutenzione ecc. Non sono questi gli argomenti risolutivi per scegliere o no di abitare nel centro storico. I vincoli non bisogna affrontarli con le lenti della rigidezza, indicano qualcosa di importante che attraverso il laboratorio di quartiere si può interpretare. Piuttosto che ricorrere ad un abuso incontrollato, meglio avere vincoli più elastici; inoltre il cittadino va aiutato con incentivi economici per il decoro urbano, gli indirizzi puntuali, salvaguardando quelli generali, richiedono figure professionali “condotte”. Architetti, ingegneri, sociologi, geologi in grado di risolvere problemi “a monte”. Il nostro centro storico è abitato ancora da cittadini legati a ricordi familiari, che spesso non hanno capacità economica per interventi impegnativi. Perciò per il recupero dello stesso è essenziale l’adeguamento agli stili di vita attuali, lasciando inalterati i caratteri tipologici legati a tradizione e modernità. In un qualcosa non da considerarsi restauro, ristrutturazione o recupero d’uso, manutenzione ordinaria o straordinaria. Spesso si abusa delle parole tralasciando quello che è veramente necessario.

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