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IL VARIEGATO MONDO DEL KARATE

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Quando si parla di arti marziali, la prima parola che torna in mente è Karate.

Ma in definitiva cos’è il Karate e che differenza c’è tra questa disciplina e le altre?

Abbiamo posto delle domande al M° Mallardi Francesco cintura nera III dan di questa disciplina.

Cosa significa karate e in cosa consiste?

Il karate è una disciplina che ha origini molto antiche. Fondata in Giappone, precisamente nell’isola di Okinawa, così come quasi tutte le discipline marziali, ha le sue radici nel KUNG-FU. Letteralmente significa “mano (“te”) vuota (“kara”)”, quindi arte di difesa personale in cui non è ammesso l’utilizzo di armi. Praticare questo sport non significa semplicemente tirare pugni e calci contro un avversario. Nel karate una tecnica deve corrispondere a dei requisiti ben precisi. L’atleta deve acquisire prima i movimenti da svolgere e successivamente si passa al katà o al kumitè.

Ha parlato di katà e kumitè. Qual è il loro significato?

Il katà è un combattimento contro un avversario immaginario. Consiste in una sequenza di tecniche, parate e attacchi predefiniti. Di katà ce ne sono tantissimi, a seconda del livello di cintura e dello stile praticato. Si inizia con dei katà molto elementari, per le cinture bianche, in cui l’atleta ha un primo approccio verso questa disciplina, per poi arrivare a katà estremamente difficoltosi, dove bisogna eseguire successioni di tecniche molto complesse, salti e combinazioni in equilibrio precario. Durante le gare, gli atleti vengono valutati da una commissione arbitrale, che, tenendo conto di tutti i requisiti richiesti dal regolamento, valutano l’esecuzione del katà eseguiti dai vari atleti confrontandoli e decretandone quindi il vincitore. Nel katà si possono distinguere quattro stili differenti, Shito Ryu, Wado Ryu, Gojo Ryu E Shotokan, a secondo dell’elemento della natura che si è deciso di tenere in considerazione. Il kumitè invece è un combattimento vero e proprio contro due avversari. Essendo il karate una disciplina estremamente rigorosa, i criteri da rispettare durante il combattimento sono eleganza, velocità, precisione e correttezza di esecuzione. Tutte le tecniche devono essere eseguite in una determinata maniera. Per questo motivo il katà è importante anche per il kumitè. Nei combattimenti simulati, si acquisisce quell’eleganza e precisione che il regolamento del combattimento richiede.

Il karate prevede dei combattimenti. Questo però non potrebbe portare i genitori a scegliere altre attività più leggere e meno d’impatto?

Nulla di più errato. Il Karate non è semplicemente un sport da combattimento. È una disciplina e quindi deve essere intesa come uno stile di vita. Noi istruttori, abbiamo il compito innanzitutto di far capire agli atleti il rispetto verso tutto quello che ci circonda. Insegnamo loro il rispetto verso gli amici, gli avversari e chiunque si trovi a dover condividere il nostro stesso ambiente. Le gare nella nostra disciplina non sussistono nel “darsi mazzate” e basta. Nel katà sono previsti calci e pugni, ma non c’è nessun avversario che potrebbe contrattaccare. Nel kumitè non è previsto in alcuna categoria il contatto al viso. Tra le protezioni inoltre che ogni atleta deve indossare, oltre ai classici guantini, conchiglia, parastinchi, paradenti, c’è anche il corpetto e per i più piccoli una maschera protettiva. Inoltre, dal momento che l’incontro è vinto  da chi riesce a totalizzare il maggior numero di punti, gli atleti sono “costretti” a portare a segno le tecniche con una velocità tale che diventa quasi del tutto impossibile riuscire ad imprimere anche la forza necessaria per un colpo da K.O. Lascio immaginare la complessità della disciplina e soprattutto il fair play da parte degli atleti. Per questo motivo sostengo che il karate è molto importante soprattutto per i bambini.

Da quale età si potrebbe iniziare?

Il karate è uno tra gli sport più completi che possano esserci. Ci sono degli studi medici che certificano l’importanza di questa disciplina in quanto aumenta la capacità neuro-motoria dell’atleta. Non ci sono limiti di età per iniziare ad indossare “kimono” e cintura. Ho dei piccoli atleti che frequentano l’asilo, come anche persone oramai adulte affascinate da questo sport e che non perdono una sola lezione.

Il karate come sport agonistico non figura tra le discipline olimpioniche. Perché?

Purtroppo questo è una grossa mancanza da parte degli organi competenti. Entrare nel C.I.O. non è affatto semplice. Più volte la WKF (Word Karate Federation) ha fatto richiesta di poter valutare il Karate e quindi farlo entrare nella lista delle discipline olimpioniche. Gli elementi da valutare però non riguardavano lo sport e basta, ma anche il livello di organizzazione, i regolamenti, il livello di preparazione degli arbitri. In sostanza, si valuta le capacità di uno sport di attirare l’attenzione del pubblico con tutto quello che ne consegue. Purtroppo nel campionato mondiale che si è tenuto a Tokio nel 2008, pochi mesi prima delle olimpiadi di Pechino, una delegazione del C.I.O. inviata per valutare la possibilità di un eventuale ingresso, ha assistito ad uno spettacolo praticamente indecente. Il responso è stato ovviamente una sonora bocciatura per il karate alle olimpiadi. Questo tradotto significa che il karate sarà costretto per tanto altro tempo ancora ad essere sport secondario, retto semplicemente dalle economie delle famiglie. So che si sta lavorando per migliorare quanto rovinato. A partire dal 2012 il regolamento cambierà nuovamente, ma non so in definitiva quanto tempo occorrerà per vedere gli atleti col kimono da karate alle olimpidali.

A Turi il karate com’è concepito? Ha molti atleti che la seguono?

Qui a Turi insegno ormai da oltre dieci anni. Ero poco più che ventenne quando ho messo per la prima volta piede in una palestra in questo paese. Da allora tanti atleti hanno indossato il Kimono e tanti altri sono andati via. Solo uno allora bambino, ora ormai ragazzo, ha continuato imperterrito nella pratica di questa disciplina seguendomi durante tutti gli allenamenti sin dal principio. Un ragazzo davvero in gamba e che spero riuscirò a portare sul podio più alto del campionato italiano un giorno o l’altro. I genitori che accompagnano i figli da me, sono molto entusiasti della disciplina. Li seguono durante le gare, durante gli esami, durante le lezioni in palestra. Il karate però non è semplice. Io sono molto meticoloso durante le lezioni. Presto molta attenzione affinchè i piccoli atleti imparino a giocare, stare insieme, senza però dimenticare lo scopo per cui vengono da me ovvero imparare il karate. Il turno dei bimbi è bellissimo e lavorare con loro è meraviglioso. Gridano, giocano, si divertono ed  imparano tanto. Quando arriva l’età in cui possono gareggiare invece, gli allenamenti diventano davvero duri. Dai ragazzi voglio ogni giorno sempre di più, devono esprimere il massimo delle loro possibilità ad ogni lezione. Il mio motto è: nulla è impossibile, bisogna solo avere più fiducia di sé. Se dovessi esprimere un giudizio, non potrebbe essere che positivo. Sono contento del loro entusiasmo. Ci sono momenti che divento davvero “cattivo”, soprattutto quando vedo che hanno più voglia di chiacchierare che di lavorare, ma nonostante tutto, sono sempre avanti a me pronti a ripartire. Hanno voglia di imparare, sono anche molto in gamba. Mi auguro che possano raccogliere tante belle esperienze da questo sport, come è successo a me e che io sia artefice di questi momenti.

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