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GLI INDIGNADOS SONO UN MOVIMENTO TRASVERSALE DI BASE

domenico

 

“Io spero che Italia come in Spagna il movimento degli indignati diventi veramente orizzontale raggruppando tutta la base della società senza distinzioni” questo sono le parole di Domenico D’Addabbo giovane musicista turese che ha vissuto negli ultimi anni a Barcellona e che ha visto nascere il movimento in Spagna. Sabato scorso ha condiviso a Roma con i suoi concittadini italiani la manifestazione degli indignados, manifestazione che però non ha seguito in pieno le aspettative dei partecipanti.

 

Sabato scorso si é tenuta a Roma la manifestazione degli “indignados”, un movimento nato in Spagna; tu hai vissuto in Spagna nell’ultimo periodo. Ci puoi raccontare come è nato?

Il Movimento, in concreto, ha mosso i primi passi nella scorsa primavera, ma ha le sue radici nella crisi economica degli ultimi anni. Il tutto é nato a Madrid e in altre cittá spagnole durante la manifestazionedi protesta del 15 maggio. La gente in modo spontaneo ha deciso di continuare “all’infinito” e quindi di accamparsi nelle piazze, occupandole ad oltranza. Da li in poi ha iniziato ad indentificarsi come “gli Indignati”. Il Movimento si dichiara apartititico e cerca di essere trasversale, proprio per accogliere piú gente possibile al suo interno.

 

Contro cosa sono indignati?

 

l’indignazione è  rivolta all’ordinamento attuale della società, che prevede che il potere sia in mano all’economia e alla finanza. Si contesta lo svuotamento di significato delle istituzioni democratiche, che non possono prendere decisioni autonomamente, succubi come sono dei poteri economici. Non é un movimento che rifiuta la democrazia: il motto é “democrazia reale e subito”. Nel senso che la democrazia ora non c’é, esiste piuttosto un’oligarchia: i rappresentanti della gente non possono decidere niente se i poteri economici non istituzionali (banche, cartelli di societá finanziare, etc.) non sono d’accordo.

Sabato c’é stata la manifestazione italiana in contemporanea mondiale con un’altra ottantina di città; vuoi raccontarci la giornata?

 

I mezzi d’informazione hanno messo in risalto soltanto una parte della giornata. Il corteo, veramente oceanico,  ha iniziato a muoversi seguendo un percorso autorizzato, che da piazza della Repubblica lo avrebbe condotto a piazza San Giovanni. Un corteo gioioso e colorato, composto in maggioranza di gente determinata a testimoniare la propria presenza in maniera pacifica. Non ha avuto un organizzazione unitaria, ed é stato un errore: si é vista fin da subito la presenza di gruppi con abbigliamento e strumenti da guerriglia urbana. Questi hanno iniziato a muoversi all’interno del corteo e, non essendoci un servizio d’ordine, non si é riusciti ad impedire loro di agire. Il resto dei manifestanti ha potuto solo contestare a voce questi cosiddetti “black bloc”.

Si é svolto tutto in relativa tranquillità fino a quando abbiamo costeggiato il Colosseo. In via Labicana sono cominciati degli scontri duri tra la polizia ed i “black bloc”. Il corteo si é spezzato: chi era dietro la linea degli scontri si é fermato, chi stava davanti ha continuato a camminare. La testa del corteo é arrivata a piazza San Giovanni, dove sono iniziate le cariche. In una situazione del genere c’é poca scelta: bisogna scappare, difendersi, fare qualcosa per non restarci. In questa fase gli scontri non hanno riguardato solo i black bloc e la polizia ma anche tanta gente che é rimasta, per così dire, presa in mezzo.

Chi é rimasto indietro, cioé la fetta piú grossa dei manifestanti, si é riorganizzato nel giro di una o due ore: dal Colosseo é partita una manifestazione alternativa su un percorso non autorizzato ma in maniera completamente pacifica, per far rivivere il corteo, mentre a San Giovanni proseguivano gli scontri.

 

Come ti é sembrata questa esperienza italiana rispetto a quella spagnola; chi ha sbagliato secondo te nell’organizzare l’evento? Come pensi debba evolversi il movimento italiano nel futuro?

Io ho partecipato soltanto nelle manifestazioni di Barcellona. In Spagna il Movimento si è sviluppato in maniera orizzontale. La prima manifestazione del 15 maggio, come questa di Roma, era disorganizzata. Ci sono stati degli scontri, anche se non paragonabili a quelli nostri di sabato. Subito dopo, grazie a tutta la gente che è rimasta a vivere accampata in piazza fino a giugno inoltrato, si è accesa la discussione con assemblee aperte e quotidiane in cui chiunque potesse parlare. Le “acampadas” hanno coinvolto tutte le principali città ed addirittura moltissimi piccoli comuni. Così la società civile si é avvicinata alle motivazioni del Movimento. Tutti hanno capito che queste riguardano, nel suo insieme, la gente che subisce gli effetti della crisi. Per il Movimento é il capitalismo in sé ad essere in crisi, poiché non è auto-sostenibile: è un sistema talmente squilibrato in avanti che ad un certo punto crolla su se stesso.

Nelle manifestazioni successive si è cercato il contatto umano con le forze dell’ordine, spiegando anche a loro i motivi della crisi e delle manifestazioni. In generale si é cercato un coinvolgimento più ampio possibile. Le bandiere di partito sono state sistematicamente estromesse.

Tra gli Italiani che erano a Barcellona c’era il timore che questo movimento, in Italia, avrebbe potuto prendere una piega politicizzata, cosa che purtroppo è avvenuta. Adesso è in corso una polemica feroce tra chi vorrebbe manifestazioni energiche che prevedano lo scontro con le forze dell’ordine e chi vorrebbe manifestazioni più “pacifiste”. Questo secondo me è l’errore che si sta perpetrando. La difficoltà maggiore sarà trovare una sintesi tra queste due aree. In Italia troppa gente è ancora legata a schemi del passato che identificano in una parte politica e in un’ideologia la ragione. Discutendo, ci si rifà ancora al ’68, anche se sono passati più di quarant’anni.

Secondo me questo Movimento deve essere il punto di rottura con il passato: la visione deve cambiare. La speranza molto forte è che si apra un dialogo che superi le posizioni solite ed ideologiche che sono la rovina di tutti i movimenti. Io, personalmente – sarà una cosa difficilissima, ma sognare il cambiamento è uno degli obiettivi di questo Movimento – auspico che l’Indignazione possa coinvolgere quelle categorie sociali di base, come la destra sociale ed i sindacati di polizia, e tutti coloro che oggi in un movimento che è sentito prevalentemente di sinistra sembra inconcepibile coinvolgere. Auspico che si inizi a trascendere queste divisioni e, se si deve separare la società, si separi in fasce orizzontali. Che si smetta una buona volta di parlare in termini di destra e sinistra: fare in modo che l’intera base della società si indigni contro i vertici.

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