LA PRIGIONE DEI SENTIMENTI. GRIDO DI SPERANZA DAL CARCERE
Testimonianze, solidarietà e amore, le parole chiave che racchiudono la serata di sabato 24 settembre, tutta dedicata alla difficile condizione dei carcerati raccontata dai ragazzi del Seminario di Molfetta. All’interno del programma organizzato per Turi in “Missione Giovani”, la parola del Signore è giunta fino alle celle del Carcere dove, la cittadinanza turese ha conosciuto Elia, un giovane detenuto che ha compreso la conversione. A raccontare l’importanza della fede nella comunità carceraria la dott.ssa Susca, Don Giovanni Amodio, il Sindaco di Turi, V. Gigantelli, Michele, un seminarista e due volontarie dell’Ass. “Fratello Lupo”.
Un momento di incontro tra le due realtà così vicine nello spazio, ma così distanti e separate, che non si incontrano mai, divise da “un muro che le allontana” – ha così dichiarato la direttrice del carcere turese, la dott.ssa Susca. “Molto spesso manca la consapevolezza del ‘bisogno’ della comunità carceraria” – ha continuato, sottolineando l’attenzione che a questo mondo, o meglio ai suoi abitanti, hanno dato e continuano a dare chi, entrandovi, può materialmente toccare con mano le necessità dei detenuti. Necessità che non si esplicano in oggetti concreti, ma nella vicinanza, nell’affetto, nell’amicizia, nell’ascolto, nella preghiera, tutti elementi che difficilmente chi giunge in carcere ha trovato nel suo percorso di vita. “Ringraziamo Don Lino Fanelli, per il lavoro svolto con tutti i detenuti, per tutto quello che ha lasciato ai ragazzi – ha aggiunto la direttrice – e ringrazio i volontari dell’Ass. onlus ‘Fratello Lupo’”.
“Un grazie va a Don Lino” – esprime con voce tremante Elia, che dal carcere da’ forza alle parole di speranza e di fede che a lui sono giunte dal parroco di San Giovanni che – “mi ha dato la fiducia per credere in un futuro migliore e mi ha guidato nella riscoperta della fede”. Suggestiva ed emozionante la sua testimonianza che è stata rafforzata dalla lettura di due lettere di conversione di altri due detenuti, pronunciate da due volontarie dell’Ass. ‘Fratello Lupo’. Dobbiamo essere “lupi dell’amore”, ha commentato il giovane seminarista Michele, al quinto anno di Teologia a Molfetta che non ha mancato di soffermarsi sul carcere non fisico, ma spesso mentale e sociale nel quale a volte si vive. “In questi giorni di ‘Missione Giovani’ vogliamo dimostrare che si può uscire dal ‘carcere’ e liberarsi delle proprie ‘prigioni’ camminando nella strada della fede”.
Non abbandonare, non emarginare, non lasciare soli, è questo il compito di tutti, ha sostenuto Don Giovanni Amodio e il Sindaco Gigantelli che non ha mancato di dar forza al progetto di un nuovo carcere che possa rispondere alle esigenze dei detenuti e delle rispettive famiglie.