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A LEZIONE DI STORIA CON RAFFAELE NIGRO

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“Non sarebbe esistito uno stato italiano, un centro, senza l’Italia unita; senza di essa saremmo stati spazzati tutti via, perché solo uniti si va avanti.” Alina Laruccia, presidente del Presidio del Libro di Turi ha così introdotto l’incontro con Raffaele Nigro presso il Centro Studi, organizzato per presentare il suo ultimo libro ’ Fernanda e gli elefanti bianchi di Hemingway’.

Il libro parla di Fernanda Pivano che, a metà degli anni 50, informa Ernest Hemingway che in Lucania si aggira una strana bestia bianca, a metà tra un elefante e un mammut. Così Hemingway sbarca in Italia e intraprende un viaggio al Sud alla ricerca della belva feroce. Raffaele Nigro racconta un episodio appreso dalla Pivano, rivelandoci che viviamo in una terra di confine tra aspirazione alla felicità e ansia di morte del presente. Tale sentimento non appartiene solo a Hemingway, ma anche all’umanità intera.

Scrittore lucano, innamorato della Puglia, cantore della Puglia in varie lingue, dei nostri cieli, del nostro mare e dei nostri monumenti, e soprattutto della nostra cultura, Raffaele Nigro, è un narratore avvincente dagli aloni epici, legati all’intimo dell’essere umano. Aloni epici e popolareschi, con i problemi di sempre. “Coniuga sogno, avventura e memoria. Questo è il suo segreto. Ti ringrazio anche da parte del presidente, ti inviteremo alla cerimonia di consegna dell’archivio storico al sindaco, con tutti gli scritti su Turi, anche manoscritti.” Ha affermato Matteo Pugliese, grande estimatore dell’autore.

L’excursus risorgimentale di Nigro ha affrontato il tema dell’Unità d’Italia che viene collegato  alla parola Risorgimento: l’Italia ha bisogno ancora di risorgere, con gli stipendi dimezzati e la crisi economica. “C’è chi non vuole, e parlo dei leghisti e del gruppo dei neoborbonici, l’Unità d’Italia. Di contro penso che essi non considerino il ‘gioco delle parti’. Se qualche neoborbonico meridionalista pensasse alla secessione economica, incominceremmo a vivere con prodotti francesi e tedeschi, e non dell’Italia settentrionale.

Giovanni Rana non venderebbe più i tortellini. Ci sono dei numeri da tenere in piedi. Il Risorgimento storico va dal 1861 al primo Ottocento. Lo stesso fermento che ha portato ai nazionalismi, alla costituzione e all’ autodeterminazione dei popoli, si è avuto con i paesi della cintura sovietica e dell’ex Jugoslavia. Ci si era stancati del sovrano. I problemi del meridione si sono ripresentati. Il Sud era stato sotto il dominio di case regnanti della durata di circa un secolo dai normanni, poi Federico II (fino al 1260), gli angioini (1440-50), gli aragonesi (70-80 anni), la Spagna dal 1530 al 1725-26, col proprio dominio lungo e poi finalmente un re, a Napoli.

La Spagna ci ha trattato male, come un paese da spogliare. I ‘grassieri’, inizialmente ufficiali delle tasse sul grasso degli animali, tassarono poi la famiglia, nonni e figli insieme, il focolare domestico. Nella prima rivolta del 1799, la rivolta partenopea, gli studenti napoletani si ribellano ai borbonici. Il vento di libertà francese arriva anche da noi. Gli studenti del Sud andavano tutti a Napoli all’Università. Quando sorge ad Altamura l’Università dei Gesuiti,  scoppierà una rivolta che il cardinale Ruffo sederà con una carneficina e l’Università verrà chiusa per sempre. L’idea di Unità d’Italia era un’idea geografica; non c’è l’idea di un paese autonomo anche con Carlo V.

L’arrivo di Garibaldi era stato preparato dai siciliani nel Sud, altrimenti non vi sarebbe entrato. Con l’incontro di Teano la corona di re d’Italia è data a Vittorio Emanuele, il 17 marzo.“

Dopo l’Unità d’Italia il meridione non vuole più unirsi. I contadini si ribellano perché il Sud aveva grossi problemi. Si crea un pool di parlamentari con a capo Giuseppe Massari che vanno al Sud a vedere la situazione.

Questa terra non è ricca, non ci sono strade, le seterie sono niente rispetto a quelle della Lombardia e del Piemonte.

Il 90% della popolazione è analfabeta: sono due Italie. Il parlamento sabaudo stabilisce il pugno fermo con la Legge Pica. Dal 1864 le leggi sono troppo dure. Troppe tasse, niente terreni. I contadini fuggono per l’America: l’unità è ancora malata. Nascono le storie patrie e nel  1870 sarà chiuso il brigantaggio.

“Con la guerra del 1915-18 per la prima volta ci si sente fratelli e italiani: c’è l’affratellamento degli italiani, il fascismo li fa sentire dei topi e leoni, ci si affratella ancora. Lo stato è lontano dai contadini meridionali. Pasquale Villari definirà la ‘questione meridionale’ nel 1875.

L’annessione non è stata una rivoluzione sociale ma borghese. L’Unità si è fatta in modo stridente: i briganti erano contro. Viene istituita la ‘cassa del mezzogiorno’ e fatta la riforma fondiaria. L’Italia si fa con la televisione del 1953, con il miracolo italiano. Dal 1861-2011 ci interroghiamo ancora se siamo un’Italia unita.” Nigro ha concluso il suo intervento incitandoci a non dimenticare  quanto sia importante l’Italia per la letteratura, l’arte, per la sua grande creatività.

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