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SARANNO LE ALBICOCCHE LA COLTURA ALTERNATIVA?

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L’agricoltura prova a voltare pagina. Secondo gli operatori del settore, la monocoltura è uno dei pericoli che gli imprenditori  agricoli devono sempre cercare di evitare.

Nella campagna turese è già una fortuna che, insieme alla cerasicoltura, si sia fatta strada la produzione dell’uva da tavola, soprattutto ‘Italia’, e  delle percoche. Durante questi ultimi anni sono state quasi del tutto cancellate coltivazioni secolari come  mandorle  e  olive ed altri tentativi mal riusciti di colture recenti,  come i kiwi.

Adesso è la volta degli albicocchi che da qualche anno vengono sperimentati nelle nostre zone. I frutti di queste piante produttive e autofertili  sono di qualità ottimale: grossi, duri, profumati, molto richiesti e con un mercato attivo e in espansione.

“Queste  nuove varietà di albicocchi – ci dice Vincenzo Petruzzi della locale Coldiretti – assicurano il binomio quantità-qualità. E non c’è bisogno di “fare la scelta” come succede con le percoche. I frutti, che maturano il primo periodo di agosto, hanno tutti la stessa grandezza. Così la commercializzazione è favorita.

Dovrebbero andare a meraviglia, solo che bisogna che il tutto sia sperimentato e valutato sul campo. Verso Putignano, Rutigliano, Mola ci sono già piantagioni di albicocchi a frutto. E ormai la campagna turese è circondata.”

Mettere su un albicoccheto è più semplice e meno costoso di “alzare” un ‘tendone’ di uva Italia. Indispensabile è un impianto di irrigazione. E questo perché è un frutto che matura al centro dell’estate e ha bisogno di tanta acqua.

Queste nuove varietà di albicocchi vanno a frutto in 3-4 anni. La cosa è importante perché così in pochi anni si riesce ad ammortizzare le spese iniziali di messa a punto dell’impianto.

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