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CILIEGIE FERROVIE: SERVE ANCORA LA DOP?

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Fra 40 giorni circa avrà inizio la campagna cerasicola. È trascorso un altro anno, l’ennesimo senza la DOP (Denominazione Origine Protetta). Ciò che preoccupa è che sembra sia subentrata la rassegnazione. Tutti pensano di aver dato il massimo per ottenere questa DOP benedetta. E ora? Che vada come deve andare. Anche perché, alla DOP come il toccasana per la nostra agricoltura, non crede quasi più nessuno. Il consumatore ormai compra il prodotto esteticamente accettabile al minor costo possibile. E si sente di aver fatto l’affare.

La DOP poteva andar bene fino a qualche anno fa. Adesso è superata. Facciamo l’esempio dell’ olio: un produttore può e vuole vendere olio buonissimo e di grande qualità a 7 € il litro ma, se la gente preferisce quello del supermercato a 3 euro, cosa se ne fa più del marchio? Oltretutto si è dimostrato troppo complicato l’iter che dovrebbe portare alla DOP, iter troppo affollato, sulla linea Bruxelles, Roma, ministri De Castro e Zaia, Regione Puglia, Provincia, sindaci, e poi il contorno fatto da Giacomo Valentini, Natalino Ventrella fino a Biagio Elefante, l’unico però abilitato a portare avanti le pratiche. Invece, che gran confusione! Comunque il marchio Dop, con l’agricoltura in ginocchio, non porterebbe nessun valore aggiunto. L’aglio per esempio arriva dalla Cina e noi lo compriamo senza sapere nulla di come lo coltivano, di come lo ‘trattano’. Ma anche le scarpe e il vestiario vengono da fuori Italia. Lo slogan ‘comprate italiano’ a che serve se non esiste roba italiana? E di questo passo potrebbe succedere la stessa cosa con i nostri prodotti ortofrutticoli. Magari non succederà per le ciliegie ma per il vino sì. Quest’anno a Turi hanno spiantato tutti i vigneti di uva da vino, quindi non ci sarà più vino turese. Dati alla mano, la situazione è questa.

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