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GIACOMO MIALE ALLA RASSEGNA DEI PRESEPI DI BRINDISI

miale

Domenica 10 gennaio si è chiusa la XXIII Rassegna Internazionale del Presepe nell’Arte e nella Tradizione al Palazzo Nervegna di Brindisi. Oltre alla fotoreporter Pina Catino, ha partecipato Giacomo Miale, scenografo e ‘presepista’, al quale abbiamo posto alcune domande.

Non tutti la conoscono sotto questa veste. Due parole sulla sua partecipazione alla rassegna dei presepi di Brindisi.

“Invitato a cimentarmi, ancora una volta, sul tema “Puglia e Presepi, tra vecchio e nuovo”. Ho allestito, con Francesca Savino, uno spazio scenograficamente irreprensibile. C’era Maria Koliva, iconografa greca conosciuta da molti turesi; le sue icone, ovviamente, non trattano il tema del Presepio ma quello riconosciuto dall’ ortodossia: in questo ambito universale, l’ecumenismo “letto” da Pina Catino nelle maioliche della Grotta di Sant’Oronzo non poteva certo sfuggire ai visitatori.”

In passate edizioni, lei presentò una Natività ambientata nella Grotta di sant’Oronzo, con la figura di Gesù Bambino, unica fonte luminosa, e un’altra volta la Sacra Famiglia fu allestita tra lattine e vuoti a perdere. Una provocazione?

“No, “niente di più attualmente reale”: in questi termini si espresse il Vemiale_presscovo e gli organi di stampa; in quei giorni il Vescovo pianificava la visita Pastorale del Papa. Lì ci apprezzano molto.”

Ci spiega perché lei ha messo l’asinello al centro del suo presepe?

“L’asinello, ‘sacro’ mezzo di trasporto primordiale, è ancora nella stalla di Betlemme, poiché la Sacra famiglia è intenta a rifocillarsi con acqua sorgiva, purificandosi prima di affrontare il faticoso viaggio emigratorio verso terre di accoglienza. Un tema rapportabile ai giorni nostri, alla terra di Puglia, felice approdo per l’ accoglienza umana. Terra, la Puglia, in cui convivono da sempre cristiani, arabi e musulmani senza contrapposizioni, ed è proprio nella Grotta di sant’Oronzo che si è voluto conservare una testimonianza di altissimo valore ecumenico che solo due studiosi della simbologia sacra come l’architetto Schettini e la fotoreporter Pina Catino, sono riusciti finora a valorizzare. Frutto di accurate selezioni nel corso dei secoli, l’asino è considerato ‘sacro’ dai giudei liberati dall’Egitto che, trovandosi nelle vaste località dell’Arabia, povere d’acqua, seguendo gli asini selvatici, scoprivano fonti di acqua sorgiva.”

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