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Cultura

GIOVANNI GENTILE , ARTIGIANO TURESE

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Giovanni Gentile

Nativo di Turi, classe 1943

Professione Artigiano ebanista e restauratore di mobili d’epoca


D. Visto la tua specializzazione lavorativa, ai dovuto frequentare qualche scuola da piccolo?

R. Scuola?Quale scuola, la fame e mazzate quelle quando ne volevi. All’età’ di sei anni incomincio al mio approccio di lavoro di apprendistato, mi accolse nella sua officina il maestro carrettiere Arre’ Nicola ora defunto.
D. E la scuola? Era d’obbligo se ricordo bene
R. Certo, la mattina scuola e pomeriggio lavoro fino a tardi, in quell’epoca tutti i ragazzi facevano questo.
D. Ma nella vita non ai lavorato come  mastro carrettiere,che e’ successo?
R. Ho frequentato la scuola elementare, una volta presa la quinta, lavoravo a tempo pieno nella bottega, fino all’età di quindici anni.
Conobbi un mastro ebanista di Bari, che mi offrì un posto nella sua falegnameria,sempre a Bari.
D. Avevi un mezzo di trasporto per recarti al lavoro?
R. Quale mezzo ( incazzato), a volte il treno altre le biciclette, insomma ci si arrangiava, ma il ritardo sul posto di lavoro era poco tollerato de miest, si prendevano prima mazzate poi rimproveri.
D. Giovanni puoi parlarci della tua famiglia, naturalmente parlo di quella genitoriale
R. A casa eravamo in sette,cinque figli. Mio padre purtroppo morì quando avevo undici anni, di conseguenza furono i nonni che si interessarono della nostra crescita ed educazione, in quanto nostra madre lavorava in campagna, si alzava la mattina presto  e rientrava stanca il pomeriggio sul tardi.  Erano i nonni che ci tenevano sotto controllo.
D. Cosa avresti voluto fare in alternativa all’ebanista, o meglio avevi qualche sogno, passione nella tua mente?
R. (sorride) u pallon, giocavo molto bene da ragazzo, mi sarebbe piaciuto intraprendere la carriera di calciatore.
D. Credi in Dio?
R. Si, anche se non sono molto praticante della chiesa, però sono molto devoto a Padre Pio.
D. Cosa ne pensi della politica, specie quella degli amministratori locali
R. Tassativamente non mi interessa e non voglio avere nulla a che fare.
D. Mentre dei giovani  cosa ne pensi e vedi il loro futuro
R. (viso amareggiato) Ho poca fiducia in loro, nelle loro aspettative future…la causa principale secondo me è il benessere che hanno ereditato.
D. Cosa ne pensi delle relazioni famigliari, vedi ancora famiglie unite?
R. Si sono persi i valori, l’educazione, i compiti tra marito e moglie, di conseguenza non solo i rapporti con i parenti si sono affievoliti , ma la cosa piu’ grave che anche il rispetto reciproco e’ venuto meno , specie i rapporti con  l’anziano genitore, spesso abbandonato a se stesso da figli e parenti, questa e’cosa grave.
D. Parlaci ora della tua famiglia, tua moglie, come vi siete conosciuti
R. Da ragazzo ero abbastanza attivo con le ragazze, ma tosto nell’impegnarmi seriamente con una di loro.
 Ho conosciuto mia moglie, Rosa Romanazzi all’età’ di 35 anni, sono rimasto attratto dal suo fascino e specie dal serio  comportamento che mostrava.
 Ho capito da subito che era la donna della mia vita, e la ringrazio che ha risposto anche lei nei miei confronti.
D. Vorresti lasciare un tuo messaggio ai nostri figli, ai giovani?
R. Certo, un augurio per il loro futuro, specie nel campo lavorativo, visto come vanno le cose, serve davvero.
D. Ed ai nostri amministratori politici?
R. Un invito ad essere piu’ attenti alle vere esigenze di Turi, un maggior impegno verso i giovani nell’ascoltarli, sono loro il futuro. l paese offre poche prospettive di crescita per loro in molti ambiti, specie quelli di valenza culturale ed imprenditoriale. o sviluppo e la ricchezza , deve essere di Turi e rimanere a Turi,basta arricchire il  Lussemburgo, e’ finita l’era della valigia di cartone.
D. Grazie Giovanni, e’ stato un piacere conoscerla.
R. Prego, dovere.

 
 
 

La parola a gente comune


giovanni-gentile-turi-2.jpgLa memoria degli uomini spesso corre come una debole scintilla lungo
uno stoppino umidiccio. Giusto un soffio di vento, una goccia d’acqua o
la semplice pressione di due dita possono facilmente spegnerla. La
memoria non sempre trova parole per potersi raccontare davvero, per
riuscire a smuovere le riflessioni assonnate di chi, presuntuoso, crede
già di ricordare a sufficienza. Allora la memoria suona e canta le
cifre della provocazione e con il ritmo preciso del pentagramma si
insinua nelle emozioni di chi ascolta e lo rapisce catturando
sentimenti ed interessi. 

Questo scrive lo scrittore Mario Serbo a proposito del tema “In ascolto alla memoria”
Meditando queste parole, ho pensato a quanto avrebbero da dire,
denunciare, farci conoscere, insegnare con le loro storie ricche di
ricordi indelebili della loro vita, i nostri anziani,
concittadini,coloro che nella loro solitudine,sembrano emarginati dai
canoni della vita attuale.
Ritmi di vita sostenuti, vite personali che concorrono a mettere in
discussione i ruoli interni alla famiglia,specie le innumerevoli
silenziose richieste nel nome della propria dignità umana, rivolte, in
particolare, al loro accudimento, tra la dimensione privata, propria
delle mura domestiche, e sociale.
A questo proposito mi son chiesto.” Perche non far parlare loro?”
Munito di penna e taccuino ho incominciato questo viaggio-interviste ai
cittadini anziani turesi, a cui faccio anticipatamente i miei personali
ringraziamenti per la disponibilità offerta nell’accettare di essere
intervistati.

 
 

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