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E MARINUCCIO CI DISSE: “SO’ MALÉTE DE SÁNTE RÒNZE!”

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Di Venere Giammaria. Marinuccio per tutti. Da sempre il patròn, il boss, il deus ex machina, u’ chèpe, u’ comandànte, u’ presedènte,  u’ presìjdde della Festa di sant’Oronzo. Uomo tutto d’un pezzo ma dalle maniere spicce e dal fare sbrigativo. Si narra che, da quando è presidente, abbia mandato a quel paese un po’ di sindaci che volevano dargli qualche consiglio di troppo. Usa spesso il dialetto per farsi capire, dato che il suo è a volte un ‘italiano’ maltrattato, calpestato.

Ma Marinuccio è uomo d’azione e di reazione, un uomo che fa e che disfa, un uomo che conta e ri-conta e fa l’addizione delle offerte. E se ne frega altamente della dizione. Ogni anno dice che è l’ultimo da presidente ma poi ci pensa, ci ri-pensa e proprio non ce la fa, non riesce ad appendere il carro trionfale al chiodo.

Ci chiediamo: può uno che un giorno ci dichiarò di essere “malète de sànte Rònze”, lasciare la carica di presidente della Festa? E così continua, malgrado le spine del Comitato e nonostante le voci dei (poco) probabili  successori (Saffi? Petruzzi? Ventrella?) si facciano insistenti.

Sa di poter contare su don Giovanni, sul sindaco Gigantelli e su buona parte dei turesi che lo appoggiano e lo sostengono. E Di Venere ne è felice, sorride dentro e gòngola. Si sente sempre in sella. Chi avrà il coraggio di disarcionarlo? Nessuno. È lui il re della Festa patronale. Ma, fino a quando?

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