LORENZO GASSI ESPONE A PALAZZO ANTONELLI
Lorenzo
Gassi, pittore che espone in questi giorni presso
pieno centro storico. Una rassegna d’arte contemporanea, tenuta in alcuni
locali adibiti presumibilmente a cisterne. Un artista, un pittore. Ma anche un
uomo. Vediamo cosa ci racconta della sua arte.
D. Cosa è un pittore?
R.
“Diciamo anzitutto ciò che non è. Un vero
pittore non è colui il quale fa dell’arte un mercato, un prodotto d’arredo, un
uso esteriore. Alcuni miei dipinti, come i cavalli, che sono i miei spiriti
liberi, sono stati esposti nei musei e nelle gallerie di Barcellona, Ginevra.
L’importante non è questo. E’ importante il contenuto di un’opera. Oggi, si fa
un uso spudorato del termine artista. Non ci si improvvisa artisti. Magari si
nasce artisti. Poi, si deve avere l’aiuto necessario ad esprimersi. L’artista
non è omologato. L’artista è colui il
quale dipinge per problemi al limite della psicanalisi.”
D. E’ libero,
anarchico.
R.
“Non esattamente. A noi piace molto la
vita bella. La vita lussuosa. Ci piacciono le belle donne, i bei monumenti, le
belle città. Le belle civiltà. Noi siamo quelli che piangono per chi muore di
fame. Siamo quelli che dilapidano le proprie risorse. Se lei mi chiede quale
sia l’artista al quale faccio riferimento, potrei citarne molti. Ma non oserei
dire che si tratta del migliore. Nel mondo dell’arte, non esiste il migliore.
Allora, posso dire che, in questo secolo, Picasso è l’artista che ha saputo
offrire il massimo nella pittura e nella espressione visiva”.
D. Cosa sente di
esprimere nei suoi dipinti?
R.
“C’è un lavoro che parte dal 2001. Ho
abbattuto i canoni dell’impressionismo, dell’espressionismo, di forme
pittoriche acquisite. Ho creato uno stile tutto personale. Mi sono reso conto
che bisogna entrare all’interno delle case, con un messaggio di speranza. Il
colore deve comunque rappresentare una cromo-terapia. Il messaggio è di
speranza perché si realizza su un discorso naif di tipo surrealista. Ossia, i
mondi raffigurati sono lì. Sembra che esistano. Eppure appartengono al mio
inconscio. L’idea nasce da un lavoro che, in primis, viene rispolverato dentro
di me. Senza abbandonare mai, ovviamente, la ricerca e la sperimentazione che è
alla base. Inoltre, c’è la ricerca del sole. Voglio entrare con un flusso
positivo, nelle case. Ci sono riuscito abbastanza bene. Ho avuto molti
riconoscimenti ed una serie di contatti importanti, a livello nazionale ed
internazionale”.
D. E’ valutata al
punto giusto, a suo avviso, l’arte oggi?
R.
“Viviamo un periodo di grande decadenza,
per l’arte. In senso figurativo, l’arte, il senso della tela e del colore è
stato affossato dalle tecniche computerizzate che ne hanno fatto un modo di uso
e consumo. Tutto è dominato da chi si inventa un mercato e lo porta avanti per
fare profitti. La speranza è che, quando si saranno annoiati di tutte queste tecniche
computerizzate, si faccia ritorno ancora una volta ad apprezzare la buona arte.
E’ importante, poi, dire che nel mondo dell’arte non c’è nulla da scoprire.
Tutto è stato fatto. C’è chi sperimenta qualcosa di innovativo. Tuttavia, è
come la musica, in sostanza. Tutto è partito dalla musica classica. E tutto il
resto è venuto dietro poggiandosi sulla musica classica. Dai gruppi rock ai
metallari, tutti si basano sempre su note e ritmi classici. Il problema è che
si pecca di provincialismo”.
D. Incontra
sensibilità la pittura presso le istituzioni?
R.
“Le istituzioni, gli assessorati
dovrebbero essere un po’ più sensibili nei confronti dell’arte. Comunque, noi
non esibiamo solo delle opere. Facciamo anche della didattica. Offriamo anche
un messaggio. A me non interessa la persona che domani si alza alle tre del
mattino per andare con la cisterna ad avvelenare la sua terra. A me interessa
suo figlio. L’occhio del bambino è quello più attento. Quando un bambino si
ferma e chiama suo papà per fargli ammirare una cosa bella, quello per me è il
successo”