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Le opportunità della ‘terza età’ ed il ruolo dell’educatore nelle Rssa

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Leggere, narrarsi e condividere: dalla tesi sperimentale discussa tre anni fa dalla dott.ssa Marika Di Lauro, turese classe ’94

Un anno fa, inauguravamo sulle colonne de “La Voce del Paese” la rubrica dedicata alle tesi di laurea, alle ricerche e ai papers scientifici inerenti alla nostra città e/o realizzati da dottori e ricercatori turesi di qualsiasi facoltà ed ambito. Nell’arco di tutto questo tempo, ci siamo occupati di pedagogia, storia, comunicazione, sport, fisica, medicina, ingegneria, turismo, telecomunicazioni, sociologia urbana, fashion design, informatica, scienze naturali, architettura e gestione delle risorse umane.

Marika Di Lauro

Quest’oggi ci focalizzeremo su Marika Di Lauro, turese classe ’94, laureatasi a novembre del 2017 in Educazione Professionale presso l’Università degli Studi di Bari con una tesi sperimentale in Scienze Psicologiche e Sociali intitolata “Aspetti sociologici del ruolo dell’educatore all’interno delle RSSA”.

Con l’arrivo del Covid-19, le RSSA sono finite al centro del dibattito pubblico, spesso confuse con le RSA e con le case di riposo. La Residenza Sociosanitaria Assistenziale per anziani (R.S.S.A.) è una struttura sociosanitaria residenziale territoriale e fornisce servizi socio assistenziali a persone anziane, di età superiore ai 64 anni, che hanno gravi deficit psico-fisici, o a persone affette da demenze senili, che non hanno bisogno di prestazioni sanitarie complesse, ma che richiedono un alto grado di assistenza con interventi di tipo assistenziale o socio-riabilitativo a elevata integrazione socio-sanitaria. All’interno delle RSSA possono anche essere ospitate persone con età inferiore ai 64 anni solo se affette da demenze senili, morbo di Alzheimer e demenze correlate.

Fatta questa dovuta precisazione, possiamo tornare alla nostra dott.ssa Di Lauro e all’approfondimento della sua tesi di laurea: «Il progetto che ha dato avvio alla mia tesi è stato elaborato al fine di valorizzare la senescenza e riviverla in un’ottica diversa che non guardi, come spesso accade ai giorni nostri, solo all’attesa passiva della fine. Questo è stato possibile realizzando un progetto di lettura finalizzato a stimolare la mente degli utenti, favorendo nello specifico i processi di reminiscenza e socializzazione. Per queste ragioni, nel mio lavoro ho analizzato com’è cambiata la figura dell’anziano, da ieri ad oggi e come viene attualmente trattata l’anzianità nelle strutture preposte alla presa in carico di questa tipologia di pazienti. Un altro punto focale all’interno del mio elaborato è la figura dell’educatore che opera all’interno di strutture socio-assistenziali ed il suo ruolo strategico. In sintesi, il mio progetto consiste nel tentativo di raggiungere un obiettivo principale: la creazione di un progetto di lettura mirato a far instaurare una relazione educativa che porti l’anziano a ricordare e rivivere momenti di vita passata, come anche a creare nuovi ricordi e nuove esperienze positive».

Prima di entrare nel dettaglio, qual è stata l’evidenza più significativa di questa sperimentazione incentrata sulla narrazione?

«Durante la fase di sperimentazione, il successo di questa relazione educativa ha portato le persone ad aprirsi e sentirsi sicure di poter esprimere liberamente il proprio stato d’animo, la propria condizione».

L’ANZIANO…IERI ED OGGI

Poc’anzi si faceva riferimento al cambiamento subito nel tempo dalla figura dell’anziano. Potresti dirci qualcosa in più a tal proposito?

«La figura dell’anziano è mutata nel tempo in quanto nell’antichità vivere a lungo era un evento raro e l’anziano stesso era percepito come un’entità suprema per l’enorme bagaglio esperienziale e culturale in suo possesso. Egli era considerato il fulcro della società e perciò veniva coinvolto nella vita sociale non in modo marginale ma come parte integrante del sistema. Inoltre, la figura dell’anziano in generale ha sempre riguardato il contesto sociale di appartenenza dell’individuo. Nella seconda metà del 900 grazie ai sistemi di pensionamento ci fu un’esaltazione dell’anziano, incrementarono gli interventi verso questa fascia d’età e fu coniata l’espressione “terza età” che sostituiva il temine di vecchiaia. La società di oggi presenta un alto indice di invecchiamento perciò diventa necessario fornire e garantire un sostegno dignitoso per la vita dell’anziano. È importante incentivare quei processi che vanno a migliorare l’invecchiamento come ad esempio la prevenzione, uno stile di vita sano e coltivare i propri interessi sociali e culturali. L’aumento dell’indice di vecchiaia, a causa delle condizioni di vita migliori e dei progressi della medicina, ha contribuito a sviluppare un notevole interesse sociale verso la cura dell’anziano, portando ad un incremento delle reti di socializzazione e di supporto come le strutture residenziali».

A margine di queste considerazioni, va evidenziato che secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, nel 2050 l’età media a livello planetario sarà di 38 anni, mentre nel 1990 era di 26 anni. In Italia invece? Negli ultimi 50 anni l’invecchiamento della popolazione italiana è stato uno dei più rapidi tra i Paesi maggiormente sviluppati e si stima che nel 2050 la quota degli over65 ammonterà al 35,9% della popolazione totale.

AVERNE CURA… IERI ED OGGI

Anche il modo di trattare l’anzianità ha dunque subito cambiamenti?

«Sicuramente il modo di trattare l’anziano è cambiato nel tempo in seguito alle trasformazioni sociali: con la società moderna sono stati stravolti i valori e le tradizioni. Questi eventi hanno provocato una trasformazione della figura dell’anziano inizialmente inserito nel nucleo familiare, causando quindi un’apprensione familiare, privata, diventata sempre più una questione sociale. Oltre ai cambiamenti sociali, è opportuno prendere atto delle trasformazioni strutturali delle famiglie. L’aumento dell’età media ha provocato una maggiore difficoltà nella gestione dell’anziano all’interno della famiglia, associata all’incremento dell’attività lavorativa della donna rispetto al passato. Questi fattori contribuiscono a prendere decisioni da parte dei figli di inserire il proprio genitore in una RSSA. Queste scelte non vanno connotate necessariamente in modo negativo dato che queste strutture hanno come obiettivo principale il benessere psicofisico delle persone, oltre a valorizzare la socializzazione con altri ospiti».

ANZIANITÀ È…OPPORTUNITÀ

Che valore ha l’educatore all’interno delle RSSA?

«Il ruolo dell’educatore all’interno delle strutture socio-assistenziali è fondamentale per il sostegno e l’affiancamento delle persone anziane che devono accettare il nuovo ambiente e se stessi. Molti studi affermano che la cessazione di attività stimolanti ed interessanti sono estremamente dannose in quanto aumentano il declino cognitivo e fisico. In questa fase della vita è importante che la persona non si lasci andare; al contrario si dovrebbe incentivare a riprendere rapporti sociali, dedicare del tempo a se stessi e riscoprire i propri interessi: l’essere umano è predisposto ad apprendere per tutta la vita. La figura dell’educatore ha quindi il compito di stimolare alla conoscenza, al conoscersi, al mantenersi attivi, incentivando autostima e autosufficienza. Questa fase della vita deve essere infatti interpretata come una nuova opportunità per riprendere quello che si è lasciato per dare importanza ad altre priorità come il lavoro. Un’opportunità dunque per conoscere nuovi interessi e coltivare nuove passioni, mantenersi attivi, liberandosi dall’isolamento e favorendo l’emancipazione sociale e soprattutto la realizzazione di se stessi».

LEGGERE E NARRARSI: I BENEFICI

Andando al nucleo della tesi, in cosa consisteva il tuo progetto?

«Ho realizzato un progetto di lettura per anziani istituzionalizzati in RSSA al fine di instaurare con loro una relazione educativa efficace, nonché per valutare gli effetti di questo training sul declino cognitivo avendo come supporto rilevanti studi sui benefici che la lettura porta sulla mente. La narrazione attiva dei meccanismi di empatia, comprensione e interpretazione della storia che viene letta; aiuta a ricordare vissuti passati e rivederli attraverso nuove storie. I processi cognitivi agiscono sulla mente, favoriscono l’espressione e la comunicazione del proprio mondo interiore e rafforzano la consapevolezza del sé».

Come si svolgevano gli incontri?

«Gli incontri si svolgevano con la lettura di un brano da parte di uno degli anziani; successivamente, tutti gli altri intervenivano a turno esprimendo le proprie sensazioni, narrando esperienze simili vissute in giovane età. Ho notato che gli ospiti prestavano attenzione durante la lettura, ancor più nella fase di ascolto e condivisione del proprio vissuto e di quello altrui: conoscere le storie delle altre persone li incuriosiva e al contempo permetteva loro di rivivere i ricordi personali, della propria gioventù».

LE CONCLUSIONI

«Questa esperienza mi ha insegnato quanto sia importante per gli anziani essere stimolati e non trascurati; e che, affinché ciò accada, è fondamentale che essi instaurino una relazione positiva e stimolante con l’educatore».

Al termine degli studi, Marika Di Lauro ha trovato occupazione in una casa di riposo; attualmente, invece, è impegnata in una struttura residenziale psichiatrica, dove sicuramente continua ad esercitare il suo prezioso know how.

LEONARDO FLORIO

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