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Cultura

“Scatti in quarantena”

fabiana stanisci (1)

Tra ricordo del passato e documento del presente, il progetto fotografico di Fabiana Stanisci

Se, solo qualche mese fa, qualcuno avesse profetizzato la situazione attuale, con ogni probabilità non ci avremmo creduto, così come difficilmente avremmo potuto immaginare che proprio questi mesi di isolamento sociale e di nuove abitudini forzate avrebbero portato con sé un’epoca d’oro della creatività, una riscoperta di se stessi attraverso le proprie passioni, da tempo immemore schiacciate sotto il peso di routine quotidiane e di scuse più o meno fondate.

fabiana stanisci (5)

Genitori e figli, nonni senza nipoti, fratelli con ritrovate sorelle e uomini soli hanno tutti prima o poi riscoperto il potere creativo della noia: dal costruire castelli Lego allo scrivere romanzi, dall’infornare pizze e ciambelle al dipingere con gli acquerelli, ognuno ha ritrovato ciò che gli piace, o che quantomeno non gli dispiace, fare.

Chiuse le piazze e serrate le porte, i social sono diventati, per la prima volta in maniera totalizzante, il centro del mondo, anche di un mondo piccolo come il nostro paese. E così, fra un articolo sul Covid e un altro sul Coronavirus, ecco spuntare torte più o meno lievitate, racconti più o meno lunghi, foto più o meno recenti; d’altronde quale occasione migliore per vedere quelle foto delle ultime vacanze scattate con tanta cura e poi dimenticate chissà dove. Qualcuno però si è spinto oltre, combinando il presente e il passato, adattando le proprie passioni ai propri confini; se ci aggiungiamo un grande impatto visivo e il culto del Santo Patrono, ecco nascere le foto di Fabiana Stanisci, un nome non nuovo ai più e un occhio non sconosciuto neanche ai meno, che si sono certamente imbattuti in almeno una delle sue foto delle scorse edizioni della “festa grann”.

Partiamo con la più scontata delle domande: come è nata l’idea?

fabiana stanisci (6)

«L’idea è nata poco più di un mesetto fa, proprio nel pieno della quarantena, quando tutto era fermo e avevo voglia di sperimentare e fotografare per evadere dalla situazione difficile in cui eravamo. Anche per me è stato un periodo di alti e bassi, in cui momenti di crisi e sconforto si alternavano ad altri in cui mi sentivo positiva e piena di idee. Ho approfittato del tempo libero per studiare, leggere e imparare tante tecniche nuove che ho messo in pratica in alcuni piccoli progetti nati in queste settimane, tra cui la serie “Scatti in quarantena”, per la quale mi sono cimentata a ricreare una specie di set fotografico a partire dagli oggetti che avevo in casa, come mollette per il bucato, vecchi cd, frutti e fiori; mi sono poi divertita a creare delle piccole narrazioni e a offrire più punti di vista di questi piccoli oggetti, trasformando la realtà. Un giorno, curiosando in scatoloni pieni di fotografie, diapositive e vecchi negativi, ho trovato alcune foto che conservavano ricordi della nostra festa patronale del ‘90 (io non ero ancora nata!), del ‘98 e del ’99, scattate da mio padre; anche lui si dilettava con la fotografia. Sono state proprio queste foto ad ispirarmi. Così, non appena è stato possibile, armata di un’ottica grandangolare, ho percorso le strade del paese alla ricerca del punto migliore per cercare di sovrapporre il più possibile linee dei palazzi e delle strade, per “ambientare” la fotografia stampata nel contesto attuale».

In che modo queste foto sono legate al particolarissimo periodo che stiamo vivendo?

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«Il progetto è nato proprio per trasmettere un messaggio di forza e speranza ai miei amici in un periodo difficile, per distogliere anche solo per un po’ l’attenzione della gente dall’unico argomento di cui oggi si parla continuamente; Facebook è oramai pieno di notizie e di grafici che riportano con dovizia il numero di contagi e decessi giornalieri, una cosa anche giusta, per carità. Con le mie foto ho voluto, invece, rallegrare e alleggerire le ore di svago sui social. Inoltre, queste foto sono dedicate al mio paese e ai miei concittadini, a chi ogni giorno ci mette il cuore per mandarlo avanti e a chi, come tutte le associazioni presenti sul territorio, non dorme la notte per organizzare sagre, eventi e feste per risollevare il paese, offrendo un’immagine forte e accattivante di Turi».

Creando un ponte tra passato e presente, tra due generazioni, le tue foto hanno un doppio valore storico: ricordare il passato e documentare il presente.

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«È proprio questa la capacità straordinaria delle foto, che hanno il potere di far rivivere un ricordo “vecchio” anche di 30 anni. Quando le ho trovate, mi è subito venuto in mente di mixare le due situazioni completamente opposte, quella della Festa Patronale con gente in ogni dove e quella attuale di lockdown con le strade deserte. Il mio resta comunque un messaggio positivo di speranza e di voglia di ritornare alla “normalità”, ma è anche un modo per non dimenticare la realtà del momento che stiamo vivendo; ecco perché il mix tra le due realtà opposte! Avrei potuto mixare delle foto scattate da me negli scorsi anni della festa, ma mi piaceva l’idea di creare un distacco temporale, a sottolineare che, nonostante il tanto tempo trascorso e le mille vicissitudini che il paese ha affrontato, il 26 agosto siamo sempre stati lì a festeggiare il nostro Patrono, insieme e felici.»

Credi lo saremo anche quest’anno?

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«Io sono positiva, forse per qualcuno lo sarò troppo, ma voglio credere che la situazione presto si ridimensionerà e potremo omaggiare il nostro Patrono, magari con un pochino di attenzione in più. Se così non dovesse essere potremo sempre reinventarci e trovare un modo diverso».

Questo progetto si presta a scavalcare il mondo digitale, magari proprio in occasione della Festa.

«Già da prima della quarantena avevo alcune idee in merito, a partire dalle foto dei miei archivi che mi sarebbe piaciuto esporre, magari in una collettiva con i miei “colleghi” turesi appassionati di fotografia! Ora questo progetto potrebbe integrarsi e trovare il suo spazio. Comunque vada, ci sarà comunque modo per realizzare qualcosa di bello».

Damiano Barbieri

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