Oronzo Pugliese, l’allenatore… nel pallone
Si trova a Turi uno dei palloni di quel Foggia-Inter del ’65, quando Pugliese sconfisse 3-2 i neroazzurri, diventando il “Mago di Turi”
Domenica 5 Aprile, il “Mago di Turi” avrebbe compiuto 110 anni. Per chi non lo conoscesse, specie tra i più giovani, stiamo parlando di Oronzo Pugliese, mitico allenatore turese che, nel corso degli anni ’60, scrisse pagine memorabili nella storia del calcio nazionale.
Nel 1984, a distanza di 6 anni dalla conclusione della sua carriera da allenatore iniziata nel ‘39, Pugliese finisce sul grande schermo, interpretato in chiave esilarante da Lino Banfi nella pellicola “L’allenatore nel pallone”; in realtà quest’ultimo trovò vita facile, poiché Pugliese, con il suo carattere, le sue espressioni e la sua gestualità, rappresentava già di sua natura una figura molto colorita e divertente.
Ad ogni modo, al di là del lato umano, furono gli incredibili risultati sportivi portati a casa da Pugliese a renderlo davvero indimenticabile. Nel 1958-59, Pugliese guida il Siena a un passo dalla serie B, per poi modellare il suo capolavoro calcistico col Foggia, condotto in quattro anni dalla serie C alla serie A; coi satanelli rossoneri, Pugliese esprime la sua idea di calcio anche durante la prima stagione nella massima serie, dove, come Davide contro Golia, si ritrova a dover incrociare, con un organico modesto, veri e propri giganti del calcio nazionale. Per forza di cose, dunque, è il catenaccio l’arma vincente di Pugliese, a maggior ragione quando bisogna affrontare corazzate costruite a suon di migliaia e migliaia di lire: “Tu ti stai, io mi sto, me la chiedi (la palla), non te la do” – era questo il suo motto, molto probabilmente, nel modo in cui risuona, formulato mentalmente in dialetto e poi tradotto in italiano per essere trasmesso ai suoi uomini; d’altronde, accadeva di rado che Pugliese non fosse chiaro nei suoi messaggi.
IL MAGO DI TURI
È il 31 gennaio 1965: l’Inter del “Mago” Helenio Herrera si arrende per 3-2 nella bolgia del Pino Zaccheria di fronte ai satanelli del Foggia, guidati nella prima storica stagione in serie A da colui che, quel giorno, diventa il “Mago di Turi”.
Come anticipato poc’anzi, il romanzo rossonero di “don Oronzo” inizia tuttavia nel 1961-62 in serie C, quando ottiene una promozione in serie B; due anni più tardi, al termine della stagione 1963-1964, approda in massima serie con tanto di premio “Seminatore d’Oro”, riconoscimento della FIGC riservato all’epoca al miglior allenatore della Federazione: ovviamente vincere questo premio come commissario tecnico di una squadra di serie B avrà avuto per “don Oronzo” un sapore se vogliamo più marcato, almeno quanto le sue sfumature caratteriali ed espressive mai dimenticate, peculiari di chi proviene da un piccolo borgo contadino del Sud e di chi ha vissuto, ad inizio del ‘900, nella “mazzetùdene” di una delle tante famiglie numerose dell’epoca; davanti ai microfoni, Oronzo è semplice, genuino ed estremamente efficace nelle sue acuminate dichiarazioni.
Al di là del successo mediatico, i risultati sono dalla sua parte, tant’è che il Foggia chiude al nono posto la prima stagione in serie A; a Roma capiscono di non dover perdere tempo: l’anno successivo il Mago di Turi prende in mano le redini dei giallorossi. In quegli anni, dal 1965 al 1968, Pugliese ha anche il tempo di battere nuovamente Herrera e di lanciare nel calcio che conta una nuova promessa, Fabio Capello, il quale, quasi mezzo secolo più tardi, raggiungerà Turi per ritirare il Premio Nazionale per lo Sport “Oronzo Pugliese”. Il cerchio si chiude.
IL MAGO DEI POVERI
Torniamo adesso a quel 31 gennaio 1965, poiché pare che a Turi possa addirittura esserci uno dei palloni calciati in campo quella storica domenica: a riferirlo in un commento su Facebook, da noi fortunosamente intercettato come una palla vagante, è Giacomo Zita, titolare del Bar Meeting, classe ’52. All’epoca, il nostro intervistato aveva 12 anni e quella che un giorno sarebbe stata la sua attività, si trovava in Piazza Aurelio Cisternino, sotto il nome di Oriental Bar: ma questa è un’altra storia, o meglio un altro pezzo di storia turese.
«Quando era a Turi – racconta Zita – don Oronzo era solito intrattenersi nel nostro bar oppure all’attuale Bar Camel, all’epoca Gran Caffè Savoia, di cui era proprietario “u’ rè”, ovvero Giuseppe Arrè, podestà nel periodo fascista. C’era e c’è molta amicizia tra le nostre famiglie e, spesso, Oronzo ci permetteva di seguirlo da molto vicino in occasione di qualche partita».
Una di queste fu proprio quella, memorabile, disputata a Foggia a fine gennaio del ’65: «Ricordo che portammo a casa il pallone. Con me c’erano altri turesi, tra cui il fotografo Lorenzo Dell’Aera “la mòsche”; dormimmo nell’albergo dei calciatori, mangiamo assieme a loro e scendemmo in campo sempre con loro. Abbiamo seguito Oronzo Pugliese anche altre volte: ricordo ad esempio un Foggia-Juventus e un Foggia-Milan».
Nonostante dispensasse ogni tanto qualche biglietto ai suoi amici turesi, “Rònzine” non era proprio noto per la sua generosità e di questo se ne sono accorti anche parecchi giornalisti. Una simpatica conferma la otteniamo dallo stesso Zita che, pungolato dalla nostra insistenza, racconta: «Quando era al bar sapeva essere molto coinvolgente con la sua simpatia e la sua ironia. Era molto umile e il successo non lo aveva certamente cambiato, tant’è che spesso ci chiedeva: “Che mi offri?”».
Come detto in precedenza, le origini di Pugliese sono segnate dalla povertà di quei tempi e forse, proprio da questo vissuto difficile, in cui la fame aguzza l’ingegno, è riuscito a trarre valore per la sua carriera da allenatore; raramente, infatti, ha avuto la possibilità di essere alla guida di una rosa di alto valore economico, dovendo piuttosto combattere contro veri giganti disponendo di organici, quasi sempre, modesti. Insomma, era il “Mago di Turi” perché sapeva essere il “Mago dei Poveri”: «Pugliese ha allenato spesso giocatori a basso costo, ma ha sempre compensato con la sua personalità; Spesso diceva: “11 siamo noi ed 11 sono i nostri avversari”. Non bisognava avere paura di affrontare le squadre sulla carta più forti, composte da giocatori di fama» – puntualizza Zita, il quale, tra i preziosi aneddoti che ci riferisce, accenna al compianto Francesco Russo, che molti ricorderanno col nome di “Frànghe Chechèsce” ma che forse in pochi sapranno quanto fosse bravo col pallone: «Pugliese era molto professionale e nonostante a Turi ci fossero giovani calciatori promettenti, non ricordo che abbia mai raccomandato nessuno».
Eppure il legame con i turesi e la sua terra era viscerale, tant’è che spesso, quando gli impegni lo permettevano, don Oronzo non si negava qualche passeggiata nelle nostre campagne; a tal proposito, Giacomo Zita ci mostra alcune foto, in cui sono ritratti suo padre Menino Zita, Giovanni D’Addabbo “u’ saracùdde”, Donato Lieggi “u’ bregànde”, Carmine Dell’Aera “la mòsche”, Antonio Palmisano “ciallèdde”, unico di questi volti ad essere ancora in vita, e ovviamente lo stesso Oronzo Pugliese “u’ scingarìedde”.
L’ALLENATORE… NEL PALLONE
A Turi, dunque, sarebbe nascosto da qualche parte uno dei palloni di quello storico 3-2 rifilato ai danni dell’Inter di Herrera; i gol, per inciso, furono quasi tutti di pregevole fattura e, per chi ne avesse voglia, suggeriamo di dare un’occhiata su YouTube.
Gli indizi, come quasi sempre accade quando si vuole scavare nella storia turese, portano al compianto Lorenzo Dell’Aera e al suo indescrivibile archivio di fotografie. In questa miniera di ricordi è da anni impegnato suo figlio Leo, con il folle e romantico obiettivo di riordinare centinaia e centinaia di negativi e di sviluppare qualche decennio di feste civili, celebrazioni religiose, occasioni sportive, manifestazioni scolastiche e, credeteci, davvero tanto altro.
Ad ogni modo Leo Dell’Aera confermerebbe che per anni uno dei palloni di quel Foggia-Inter è stato esposto nello studio fotografico di suo padre e che certamente da qualche parte è ancora conservato. Lo stesso potremmo dire del premio “Oronzo Pugliese” che, dopo aver onorato la nostra città per alcuni anni con la sua presenza, è sparito da qualche parte, sperando oggi che qualcuno possa andare a recuperarlo, a ricostituirlo, in ricordo di una delle figure turesi che, per merito, ha saputo distinguersi e portare veramente in alto il nome e soprattutto l’identità della nostra città. Un giorno, forse, il premio tornerà, come anche la possibilità di vedere una panchina di serie A parlare il nostro dialetto. Intanto, non resta che augurare a don Oronzo, Mago di Turi, buon compleanno.
LEONARDO FLORIO