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IL DOLCE POMO DELLA DISCORDIA

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La Ferrovia è di Turi o di Sammichele? Polemiche, campanilismi e buoni propositi dietro un pandoro delle Tre Marie

Come tutti sanno, la guerra di Troia ebbe origine dal proverbiale “pomo della discordia” conteso dalle tre dee greche Era, Afrodite e Atena. Altrettanto noto è l’elevato consumo di pandori e panettoni di ogni sorta nel periodo che va da inizio dicembre fino ad almeno metà gennaio. “Ma il nesso qual è?” – direbbe un chiacchierato sedicente giornalista locale. Presto detto.

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Alcuni giorni fa sui social, per parecchie ore e in diverse pagine e gruppi, non si è parlato d’altro che del pandoro “Rouge” prodotto dalle Tre Marie. Se da un lato le Tre Marie in questione non sono certamente le tre dee greche prima menzionate, dall’altro il pandoro “Rouge” è stato per davvero un “pomo della discordia” conteso. Più nello specifico, a suscitare polemiche e dissidi che nemmeno la guerra di Troia, è stata la nota stampata sul retro della confezione di questo particolare pandoro nel quale sarebbero incastonate le “nostre” care ciliegie Ferrovia. “Nostre” perché, stando alla versione fornita dalle Tre Marie, tanto nostre non sarebbero: “Le ciliegie Ferrovia vantano una storia tra realtà e leggenda. Si narra infatti che il primo albero nacque all’inizio degli anni Trenta da un nocciolo di ciliegie vicino ad un casello ferroviario delle ferrovie sud-est nella zona di Sammichele di Bari”.

La descrizione va avanti, ma molti turesi – apriti cielo – leggendo “Sammichele di Bari” avranno sicuramente esclamato: “Per Zeus! La ferrovì iè du’ Casèle?”. Qualcuno però non si è limitato ad imprecare e ha piuttosto inforcato gli occhiali e impugnato la penna o la tastiera, a seconda delle disponibilità, per scrivere direttamente alle Tre Marie: tra questi c’è Stefano Orlandi al quale l’azienda ha risposto con un parafrasato “le faremo sapere” condito con tanti auguri di buone feste; anche Giovanni Miccolis ha espresso la propria andando per il sottile e chiedendo legittimamente se le ciliegie utilizzate fossero davvero della cultivar “Ferrovia” o magari di altre qualità, ipotizziamo una “Bigarreaux” o una più infingarda “Falzètte”. “Noi produttori di ciliegie di Turi (BA) – scriveva giustamente Miccolis – conosciamo benissimo quali altre cultivar vengono richieste per i canditi ed anche da quali paesi importate. Tuttavia, preciso che la mia non vuole essere una sfida di “campanile” ma di “verità”, pertanto, così come il Vostro ottimo pandoro e la Vostra ottima azienda non deve essere danneggiata dal contenere inesattezze nell’etichetta (cosa facilmente deducibile e, potenzialmente, inficiante tutto il Vostro sforzo pubblicitario), così ritengo non si debba danneggiare un’intera comunità che produce le sue ciliegie come quella “Ferrovia di Turi (BA)” per la quale tanti sforzi si sono prodotti per cercare di vedersi riconoscere il marchio DOP”.

 

La versione di Valentini

Ora, prima di immergerci senza bombole d’ossigeno per provare ad inquadrare quanto nulla sia stato di fatto ottenuto in merito al marchio DOP, concentriamoci su una questione: la Ferrovia è di Turi o di Sammichele? È giusto parlare di appartenenza territoriale o è solo campanilismo? In un post di alcuni anni fa, condiviso dal prof. Raffaele Valentini, autorevole e rispettabile figura dell’ambiente culturale turese, leggiamo:

«La ciliegia ha particolare diffusione nella provincia di Bari, in quanto questa provincia rappresenta il 95% della produzione cerasicola pugliese. In particolare, la coltivazione si estende in due distinte zone: una prima a sud-est di Bari individuabile nei Comuni di Turi, Conversano, Acquaviva, Sammichele, Casamassima, Putignano ed altri, ed una seconda a nord di Bari, individuabile nei Comuni di Bisceglie, Ruvo, Corato, Bitonto, Terlizzi, Trani e Molfetta. La provincia di Bari, con le zone di produzione individuate, rappresenta il 30% della produzione dell’intero territorio nazionale. La migliore qualità è la Ferrovia, la cui caratteristica è di essere grossa, terminare a punta e possedere un peduncolo lungo.

Le prime notizie su questo tipo di ciliegia si hanno a partire dal 1935; il primo albero nacque da un nocciolo di ciliegie presso un casello sulla via della ferrovia Sud Est a circa 900 metri dalla periferia di San Michele di Bari. Gli abitanti la chiamarono “Ferrovì” cioè nata a pochi passi da un binario lungo il passo carraio che porta alla Masseria Sciuscio. Il nuovo albero, curato amorevolmente e con passione dal casellante, un certo Rocco Giorgio, dette i suoi frutti; il casellante poi distribuì agli amici i semi di quell’albero. Da quel momento in poi, quel frutto prelibato si è diffuso rapidamente in tutto il territorio del Sud Barese».

 

Le rivelazioni di Oronzo Dalfino

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Complementari a questa ipotesi, subentrano i chiarimenti offerti da Oronzo Dalfino, ex direttore della BCC di Sammichele il quale “senza alcuna ombra di campanilismo” esclude l’origine della Ferrovia nella contrada “Masseria Caracciolo”, sostenendo invece la stessa tesi del prof. Valentini: «Seppur fascinoso – racconta – appare più veritiero che il leggendario albero sia sorto parallelo ai binari della Ferrovia Sud-Est, in contrada “Sciuscio-Malandacca” in territorio di Turi (distante pochi metri dal suo confine con Sammichele)». A suo dire il primo a commercializzare la Ferrovia sarebbe stato il sig. Matteo Di Venere ed alcuni dei “Uardabòsche” (famiglia Dell’Aera) sul calare degli anni ’40 e a partire dagli anni ’50, quando questi “pionieri” sostavano in Piazza Garibaldi con i loro traini a vendere le marze di Ferrovia: «Curioso al tempo ricordare l’usanza nuziale di portare in dote “u felére” di ciliegie, impiantato in consociazione di altre colture come la vigna. Sta di fatto che nel tempo la cultivar Ferrovia si è diffusa man mano in tutto il territorio circostante, tanto che oggi Conversano, Turi, Sammichele possono attestarsi tra i principali produttori dell’area sud barese. Nell’odierna realtà la ciliegia ferrovia si è diffusa in tutto il mondo, grazie alle sue insuperabili qualità organolettiche ed alla presenza di un locale eccellente vivaismo, riconosciuto a livello internazionale. Pur trovandoci in un epoca di globalizzazione, occorre evitare che la nostra produzione serva a rivalutare ciliegie di provenienza turca, greca o del Nord Africa, immesse nel circuito commerciale dalle stesse aziende che acquistano la nostra produzione. A questo punto ritengo, dal mio canto, conclusa la saga della ciliegia Ferrovia, sperando che cessino i deleteri campanilismi e che si eviti la fine dei polli di Renzo (che a furia di bisticciare tra di loro, si spennarono a vicenda). Vorrei infine fare un inciso, precisando che il da me citato brevetto della cultivar Ferrovia di San Michele, di mia paternità e possesso, attiene ad un clone di originaria Ferrovia da me scoperto negli anni 70 in agro di Sammichele di Bari, in un vigneto di uva primitivo».

Dopo aver spiegato alcune peculiarità di questo particolare clone, Dalfino arriva ad un punto estremamente interessante, quanto pragmatico: «Concludo riservandomi di ritornare sull’argomento, per parlare dell’opera svolta nell’ambito del territorio di azione e competenza dall’allora Cassa Rurale ed Artigiana di Sammichele per lo sviluppo della coltura del ciliegio, della sua commercializzazione, per il sostegno dato agli operatori agricoli con formule di finanziamenti a tasso ridotto per lo scavo di pozzi artesiani, per gli impianti di irrigazione e quant’altro, per la divulgazione della coltura del ciliegio con organizzazione di convegni nazionali, che ebbero come relatori i massini esponenti del mondo Accademico e di Studiosi di chiara fama internazionale».

 

Il tentativo di “scippo”

Prima della segnalazione di Miccolis e Orlandi e dell’illuminante parere di Oronzo Dalfino, dalla redazione de “Il Paese” ci si chiedeva: «Non era più corretto che l’azienda Tre Marie scrivesse sulla confezione del pandoro rouge a proposito della ciliegia Ferrovia “…nella zona tra Turi e Sammichele di Bari…”? La storia questo dice! Questa volta è necessario agire immediatamente per evitare un altro intollerabile scippo. L’Amministrazione comunale intervenga autorevolmente e con vigore chieda alla nota azienda milanese di correggere un testo che oltre ad arrecare un danno all’economia turese contiene un’informazione incompleta».

Ecco, l’Amministrazione e i tentativi di “scippo”. A tal proposito, a Sammichele i toni si sono scaldati con le dichiarazioni dell’assessore Spinelli che ha accusato Turi di provare ormai da tempo a “scippare” la paternità della Ferrovia che, a suo dire, sarebbe solo e soltanto “casalina”.

 

Angelo Palmisano e il “protocollo” dimenticato

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A Turi, invece, la politica cosa dice? Ne abbiamo parlato con Angelo Palmisano, produttore cerasicolo e capogruppo di minoranza, il quale durante la campagna elettorale sosteneva la necessità di una carta d’identità per la Ferrovia.

Negli scorsi giorni sono sorti dei campanalismi o, se vogliamo, diverse versioni su quella che sarebbe la storia vera della ciliegia ferrovia: è giusto definirla come un prodotto esclusivamente turese?

«La storia narra di un albero nato lungo i binari ferroviari che collegano Turi a Sammichele. La sua diffusione è stata talmente veloce che ormai vede un intero territorio, il sud-est barese, patria di questa cultivar. Sì, certo, Turi, con i suoi 3.800 ettari circa, è senza ombra di dubbio il paese con la più ampia estensione di produzione di ciliegia Ferrovia.

Già nel 2012, quando ero assessore all’agricoltura, avviai con i paesi limitrofi produttori di Ferrovia un percorso per la valorizzazione di un prodotto e di un territorio che avrebbe portato, con un’operazione di marketing, a rendere alta l’attenzione dei consumatori sulle caratteristiche organolettiche e di produzione della nostra Ferrovia. Stiamo nuovamente perdendo tempo, rincorrendo inutili campanilismi, mentre altre zone (ad esempio Bisceglie) fanno squadra e riescono ad avere riconoscimenti e finanziamenti. Che l’azienda Tre Marie abbia suscitato queste polemiche non mi lascia stranito. Se non ci diamo una scossa sia a livello politico che associativo, perderemo anche il nostro tanto amato oro rosso a discapito di chi saprà mettere in campo idee ed energie. Ai posteri l’ardua sentenza».

 

Turi si ferma alla produzione

Sicuramente anomalo è lo status quo che vede Turi ferma alla sola produzione delle ciliegie. Domandando a Palmisano cosa possa fare la politica per permettere alla nostra città di compiere passi importanti sul fronte della lavorazione, commercializzazione, tutela e valorizzazione del prodotto, ci mostra quello che fu il protocollo d’intesa posto nel 2012 all’attenzione dei Comuni di Casamassima, Castellana Grotte, Conversano, Gioia del Colle, Putignano, Sammichele di Bari. Tutto finì nel dimenticatoio poiché l’Amministrazione dell’epoca decadde, ma resta indubbia la completezza del protocollo, un vero e proprio Manifesto nel quale si parla di strategie da adottare, di accordi e obiettivi comuni che sottendevano ad una filosofia di fondo orientata alla valorizzazione e alla promozione di un oro rosso che oro ormai non lo è più di tanto.

Parlando coi produttori, è infatti unanime la malinconia dei tempi precedenti all’euro, quando anche le condizioni metereologiche erano più favorevoli. C’è chi poi sui social cerca di riportare il treno sui binari del marchio DOP, tanto inseguito, ma mai ottenuto: tornare alle mobilitazioni di un tempo, con quintali di ciliegie riversati per strada? Forse oggi manca il coraggio per una scelta del genere, forte ma rischiosa. Aspettare l’appoggio di un politico illuminato potrebbe essere, secondo Biagio Elefante, un’alternativa, sempre ammesso che il futuro sia in tal senso favorevole. E se non lo fosse? Pensare a come saltare la filiera è un’opzione possibile? Unirsi in cooperative? O è meglio continuare ad utilizzare il Dormex “aùmme aùmme” nel proprio “vignale”, sperando di recuperare in un’annata le perdite delle tre, quattro precedenti? O ancora non sarebbe meglio vendere direttamente i terreni o il prodotto in campo e fare cassa?

Quante domande hanno pervaso la mente dei turesi di fronte a quel pandoro delle Tre Marie che intanto, stando a quanto ci riferisce Mimma Laruccia, avrebbe un ostico concorrente proprio qui a Turi: il panettone alla faldacchea di Cristalli di Zucchero. L’azienda (Tre Marie) è colpevole di aver mistificato la vera storia della Ferrovia o è forse la politica locale ad essere colpevole per non aver fatto abbastanza? «L’azienda si è limitata a riportare quello che ha appreso da qualche parte. Che colpa potrebbe averne?» – conclude Palmisano.

LEONARDO FLORIO

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