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Cultura

LOREDANA FRESCURA A “CHI E’ DI SCENA?!”

FREscura
Loredana Frescura è una donna, un‘insegnante molto carismatica che crede ancora nel valore dell’educazione e della scuola.

Sabato 13 marzo, ha presentato il suo nuovo libro “Come Checco detto finocchio si salvò”, presso l’Associazione culturale “Chi è di scena!?”.

Il libro parla di cinque ragazzi di quindici anni: Teresa, detta “Gambe a Fiori”, che si dipinge il corpo per mascherare i lividi delle violenze subite; Carla, chiamata “Puttana”, per il suo modo sboccato di parlare, ma molto forte e sensibile; Graziano “Scarpe Strette”, che non vuole curare la propria malattia; Enrico “Cervello Bruciato”, che fa uso di droghe e, infine, Francesco detto “Finocchio”, bravo in matematica, superficialmente etichettato “omosessuale”. Hanno un rapporto drammatico con i genitori e con i bulli della scuola ma il preside sembra l’unico a capirli e li aiuterà a trovare la forza per mettere da parte il “Tutto Quello”: le angherie subite e la solitudine di una realtà indifferente alle loro problematiche.

La scrittrice è stata attorniata dai ragazzi, che dopo aver letto alcuni passi del libro e rappresentato le proprie emozioni con scritte su un wall creato per l’occasione, le hanno rivolto tante domande sull’argomento scottante dell’adolescenza.

Loredana Frescura ha esordito in un discorso tutto d’un fiato, emotivo, vibrante: “Sono commossa perché con questo libro festeggio 25 anni di matrimonio con la scuola. Io nella scuola credo ancora. Ho deciso di scriverlo dopo l’ennesimo trafiletto sul giornale, di una ragazza picchiata e segregata dal patrigno. Mi ha fatto pensare che potrei avere degli alunni così, senza accorgermene. Ho incontrato tanti casi. Conosco i ragazzi. Alcuni sono andati persi, altri si sono salvati e anche se la scuola ne salva pochi perché il mondo è confuso, perché si bada all’apparenza e si etichetta, ci sono coloro che sono la scuola, che ci credono in questa possibilità. Dobbiamo provare a salvarli. Il titolo “Come Checco detto finocchio si salvò”, inganna solo chi vuole essere ingannato. A Milano era stato inserito nella sezione gay – lesbo, ma, in realtà, è un libro di dolcezza, di tenerezza, di cinque protagonisti che vivono in una città qualsiasi la propria esistenza traumatica senza poter contare su una famiglia capace, forte. ”Tutto quello” è fuori dalla scuola, nella piazzetta. Sono come i quindicenni dei miei tempi. Hanno desiderio di verità, di essere accettati per quello che sono. Sono cambiati i contesti per il progresso, ma la natura umana non cambia. Vogliono essere stimati. Hanno bisogno di identità, di trovare un posto nel mondo. A 15 anni i genitori devono staccarsi un po’ da loro, per aiutarli a capire cosa vogliono. Mi piace molto quest’età.”

Alla domanda dei ragazzi su come fosse la sua adolescenza e se avesse mai avuto un “Tutto Quello”, ha risposto: ”Sono stata anch’io un’adolescente come tanti, ma sono stata fortunata perché la mia famiglia sapeva aiutarmi quando avevo bisogno e lasciarmi libera all’occorrenza. Altre famiglie non sono in grado. Gli adulti devono stringersi intorno ai giovani, perché sono il nostro presente, e “presente” significa dono: sono un dono che è stato fatto a noi adulti. L’adolescenza è tormentata in tutti i ragazzi per le trasformazioni del corpo. Io questo l’ho vissuto. Dentro la scuola, vedo la vera libertà perché ci offre tante materie e la possibilità di poter scegliere. L’adolescenza sembra incoerente. Ho avuto una famiglia che mi ha dato prima tante regole e poi tanta fiducia. Il mio “Tutto Quello” è la paura del futuro e vedere che la parte dei valori e dei sogni sta diventando brutta. Io ho bisogno di esempi come tutti. Non mi piacciono i politici. Ci sono troppi scandali, la tv è scadente: un terremoto diventa spettacolo, così come una gioia privata. Il mio “Tutto quello” è la confusione ed il disprezzo per la sobrietà, nel contesto socio-culturale in cui viviamo. Il libro è, però, pieno di speranza. Nel mondo della scuola sono rimaste delle virtù. Credo che i giovani possano trovare dei modelli positivi. Non dobbiamo, però, invaderli a causa delle nostre insicurezze. Non facciamogli troppe domande: questo è il filo per poter esserci, dando a loro la possibilità di poter volare.”

All’evento hanno partecipato numerose le famiglie dei ragazzi; peccato che mancasse proprio la scuola.


 

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