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Cultura

La Costituzione raccontata ai più piccoli

Alina Laruccia

Alina Laruccia ci parla dell’importanza di spiegare ai bambini, il nostro presente e il nostro futuro, le regole della vita civile

Abbiamo chiesto ad Alina Laruccia, presidente dell’associazione “Didiario – Suggeritori di libri”, di parlarci del laboratorio sulla Costituzione per i bambini, in cantiere per gennaio. Ma l’intervista è diventata una discussione più ampia sulla fase storica che stiamo vivendo e che investe il paese, partendo dal vissuto di Alina per arrivare alle fondamenta del convivere, come tolleranza e solidarietà, che sono base ed espressione della Costituzione.

 

In programma un’altra iniziativa sulla Costituzione, ma dedicata ai bambini?

«In realtà le iniziative sulla Costituzione continueranno, c’è stato un percorso di cinque appuntamenti, da settembre a dicembre, e dovremmo recuperare uno di questi che non si è fatto, previsto con Massimo Bray. Questi incontri sono per i settant’anni della Costituzione e avendo avuto un buon successo di pubblico da altri paesi – Monopoli, Bari, Castellana, Conversano, Noci, oltre agli affezionati del nostro Comune – abbiamo deciso che gli appuntamenti ricominceranno da gennaio.

Però pensavo che sarebbe interessante rivolgere delle iniziative ai bambini e ai ragazzi. Io appartengo alla generazione che ha fatto a scuola, il pomeriggio, educazione civica ed era una iniziativa lodevole, che coinvolgeva anche educazione stradale. Quando l’ho fatto io, venivano impegnate le insegnanti supplenti o che lavoravano durante la giornata. Per me quello è stato un bagaglio molto importante. Comunque, al di là dei settant’anni della Costituzione, i bambini e i ragazzi non conoscono nulla della carta costituzionale e delle leggi. Se chiedessi ad un bambino chi sia il Presidente della Repubblica, non so se mi risponderebbe Mattarella. Se chiedessi chi sia il Presidente del Consiglio non so se mi risponderebbe Conte».

 

Magari risponderebbe Salvini, considerata l’esposizione mediatica del ministro e la sua abitudine a occuparsi di commissioni di altri ministeri.

«Sì, penso che risponderebbe Salvini, probabilmente. A casa, quando ero bambina, c’era papà che mi faceva queste domande. In quarta o in quinta elementare mi ha portato dalle persone che secondo lui governavano il paese ed io, con un quadernetto, ho fatto un intervista al Sindaco, al Maresciallo dei Carabinieri, al direttore del Carcere e anche all’Arciprete. A loro ho chiesto “Chi sei tu? Qual è il tuo ruolo nel paese?”».

 

Ci ha parlato di educazione civica a scuola. Come era?

«Le lezioni fondamentali erano come ci si comporta con gli adulti, con gli stessi bambini e il rispetto delle regole. Dalle cose più banali, come il buongiorno, aiutare il prossimo, aiutare qualcuno ad attraversare la strada, ai segnali stradali: attraversare sulle strisce pedonali, non buttare le carte per terra, tenere pulita la strada. E poi che siamo tutti uguali.

L’abbiamo fatto in quinta elementare ma lo facevano anche le famiglie. Il mio papà e la mia mamma non ci consentivano di alzarci se non si diceva buongiorno, buon pranzo, buona cena. Oggi devo dire che non sento in giro molta educazione e penso che dipenda dal fatto che la famiglia non esiste più. Dedichiamo troppo impegno ai telefonini e non si dà più tempo ai ragazzi, ma la colpa non è dei ragazzi. Tutta questa situazione che sta capitando nel nostro Paese penso dipenda dalla famiglia che non c’è più. La famiglia si è sgretolata e non c’è più rispetto dei ruoli genitori-figli. La nostra è l’ultima generazione che ha ubbidito ai genitori, mentre adesso c’è una generazione in cui i genitori ubbidiscono ai figli e la figura del papà e della mamma è stata sostituita dall’amico. Devo dire che c’è un degrado culturale che ci ha investito. Questa è la mia opinione personale, sicuramente di parte. Io mi occupo di formazione e cultura, perché per me è fondamentale e penso che la cultura venga prima di tutto; da non confondere con l’essere dotti o pseudo intellettuali, ma il piacere di conoscere, di formarsi e informarsi».

 

Ritorniamo al ciclo di iniziative sulla Costituzione.

«Abbiamo pensato di rivolgerci ai bambini e chiamarlo “ABCi”, perché vogliamo parlare delle cose fondamentali: la questione civica è il rispetto dell’ambiente, il prossimo, la solidarietà, la tolleranza che sono appunto l’abc. L’intento è raccontare la Costituzione, con i suoi diritti e doveri, in modo molto divertente; così come in altre occasioni abbiamo fatto sfruttando il fascino delle filastrocche.

Partiamo per esempio dal signor Tizio, che un giorno parcheggia la sua macchina sulle strisce pedonali o sul posto riservato agli invalidi. Qualcuno non lo rimprovererà? No, perché sta arrivando il vigile. Ma siccome Tizio ha un bar, il vigile entrerà nel bar del signor Tizio per prendere un caffè e non lo pagherà e così il vigile non gli farà la multa. Questo è uno dei tanti esempi spiccioli per aprire il dibattito sulla nostra carta costituzionale».

 

Quindi spiegare la Costituzione significa raccontare le regole di vita civica?

«Credo che raccontare le regole di vita civica sia indispensabile. Non basta illustrare i diritti e i doveri, bisogna allargare il quadro a tutto quello che comporta il vivere insieme, come la condivisione e il rispetto di tutti quanti.

Non ci nascondiamo, ieri ho letto una notizia che mi ha stravolto. Un lavoratore moldavo si è fatto male mentre lavorava “a nero” e il padrone l’ha buttato in un dirupo. Come questo ci sono tanti altri casi. Se ci pensiamo, in questo momento a Turi ci prepariamo a vivere il Natale, ma poi ci giriamo dall’altra parte o ci nascondiamo. Così mi chiedo: il rispetto dell’altro da dove viene? Dai bambini che sono il nostro presente e il nostro futuro. La cattiveria non è dentro l’uomo, nasce se si frequentano determinati contesti e se si ascoltano determinate cose. Chiaramente non ho la presunzione di cancellare la cattiveria, però penso che raccontare ai bambini il mio piacere per la letteratura, per i libri, per il rispetto dell’altro, sia una lezione per me e per loro. Come sta evolvendo questo mondo a me non piace e non penso di essere l’unica a vedere un mondo di gente cattiva.

Io sono figlia di un papà che ha fatto il migrante in Germania e lui aveva un amico tedesco che, quando usciva la sera, gli diceva: “Donato tu non parlare”. Siccome mio padre era biondo, passava da inglese e quando entrava nel bar lui faceva l’avventore muto, perché fuori dal bar c’era una scritta che recitava “vietato l’ingresso ai cani e agli italiani”»

 

Questo negli anni ’60?

«Si, mio papà è stato in Germania dal ’61 al ’63, e non stiamo parlando del medioevo. Eppure temo che le lezioni di quel recente passato le abbiamo dimenticate. Così come abbiamo rimosso la tragedia della miniera di Marcinelle, in cui gli uomini erano una merce: un uomo, un sacco di carbone.

Oggi l’altro, che spaventa e viene visto come il “nemico”, è diventato “l’uomo nero”, un po’ come si diceva ai bambini. A me è stato insegnato che la porta non debba essere chiusa a nessuno, ed è questo quello che vorremmo trasmettere ai bambini».

 

I laboratori per i bambini saranno a pagamento?

«No, saranno gratuiti. Quello per gli adulti invece è costato 15 euro per tutti i sei seminari, quindi 2,5 euro a persona; insomma il costo di un caffè e un cornetto. Ma per gli ospiti dobbiamo prevedere vitto e alloggio; in più abbiamo preparato locandine e brochure. Siccome non abbiamo contributi da nessuno, ci siamo detti che era impossibile farlo gratis. Qualcuno ci ha accusati di “metterci i soldi in tasca”, ma stavo pensando che quando avremo finito pubblicheremo il bilancio e sarà chiaro quanti siano stati i costi e quante le entrate».

ANTONIO ZITA

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