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Oltre il cuore e la ragione

La giudice di pace Tiziana Gigantesco

Il magistrato onorario Tiziana Gigantesco si è appena congedata da Noci dopo dieci anni e mezzo in qualità di Giudice di Pace. Con il decreto ministeriale di accorpamento continuerà a occuparsi di controversie civili e penali delle utenze di Turi, Putignano e altri comuni. Per l’occasione, l’avvocato Gigantesco ha risposto alle nostre domande.

“Sono stata nominata Giudice di Pace ed il 4 luglio 2002 immessa nel possesso delle funzioni presso la mia prima sede di servizio, l’Ufficio Circondariale del Giudice di Pace di Bari. Di seguito, sono stata trasferita su domanda presso l’Ufficio del Giudice di Pace di Noci, il 10 gennaio 2007, ed è stata sinora quest’ultima l’esperienza umana e professionale che ha segnato il mio percorso e per la durata ultra decennale e per la possibilità di occuparmi dei tre comuni ricompresi dall’Ufficio oltre Noci, Alberobello e Locorotondo, realtà simili tra loro eppur diverse del bellissimo territorio in cui viviamo.

Dall’8 luglio scorso l’Ufficio di Noci è stato accorpato all’Ufficio del Giudice di Pace di Putignano che comprende anche i comuni di Castellana Grotte e Turi sicché da quella data, quale titolare dell’Ufficio a seguito di delibera del Consiglio Superiore della Magistratura, mi occupo per il grado di giustizia affidatomi, delle controversie civili e penali concernenti i sei comuni predetti, cosa che peraltro ho fatto continuativamente sin dal 12 giugno 2016 in quanto nominata Reggente dell’Ufficio con decreti succedutisi nel tempo a firma del Presidente del Tribunale di Bari”.

Essere giudice significa abbandonare il cuore per la ragione? Ci racconta qualche causa in cui è stato difficile pesare entrambi: cuore e ragione…

“Affatto, mai abbandonare il cuore o la ragione ma coniugarli entrambi perché le algide norme del diritto devono confrontarsi con il buon senso, l’equilibrio, la serenità d’animo, l’imparzialità; mai farsi condizionare dall’uno o dall’altra anche se, assicuro, non è facile e richiede uno sforzo quotidiano ed impegnativo fatto di studio e di rispetto costante nei confronti di tutti e di ciascuno. Dietro le carte ci sono i volti e le vite di persone che dalle carte medesime vengono evidenziate senza però sottolinearne le sfumature che possono essere colte solo con la sensibilità e l’esperienza, basti pensare alle liti familiari in ambito civile e penale e sono tante purtroppo perché la vita non risparmia nulla a nessuno né ci si può far mai maestri dovendo, al contrario, suggerire, come faccio nei tanti tentativi di conciliazione, le modalità meno dolorose per dirimere vissuti complicati che non possono trovare risposte esaustive solo nelle aule di giustizia”.

Cosa non farebbe più se potesse tornare indietro?

“Se potessi dedicherei meno tempo al lavoro ed allo studio e più spazio alla mia famiglia ed anche a me stessa, il tempo che dedichi agli affetti è quello che segna il distinguo e lascia la traccia di riferimenti affettivi per me irrinunciabili”.

Cosa invece rifarebbe?

“Rifarei la scelta coraggiosa e dolorosa di lasciare la professione forense dopo 18 anni per ricoprire l’incarico che rivesto ormai da 15 anni, seppure con tante responsabilità ed incertezza nel futuro. Cerco di fare del mio meglio senza pretendere di non sbagliare, ma assicurando attenzione e garbo sempre atteso il rispetto che nutro per l’incarico affidatomi”.

La cultura maschilista è stata superata? Se potesse adattare il temine ‘giudice’ lo farebbe?

“C’è ancora tanta strada da fare anche se tanta ne è stata percorsa, pur dovendo combattere ogni giorno con coloro che nel mentre riconoscono senza alcuna difficoltà il titolo ad un uomo, un ragazzo per il sol fatto di essere iscritto al primo anno della facoltà di giurisprudenza è chiamato avvocato, ad una donna non riconoscono facilmente né il medesimo titolo, che è già indicativo di percorsi oltre la laurea, ma neppure quello di dottoressa che è appunto il titolo che si acquisisce al compimento degli studi universitari. Mi capita ancor oggi di dover richiamare qualcuno o qualcuna anche in aula d’udienza e con la toga indossata, né adatterei mai il termine giudice per renderlo al femminile, non ritengo possa ridursi e\o sostanziarsi la differenza di genere nel mutamento a volte davvero forzato di una vocale”.

 

Ha mai avuto difficoltà sul lavoro in quanto giudice donna?

“No, non ho avuto difficoltà avendo richiesto in aula d’udienza ed in ufficio il riconoscimento del ruolo non per la mia persona bensì per la tutela del ruolo stesso che diversamente viene ad essere delegittimato”.

Quali sono i cambiamenti che intende apportare nei prossimi anni?

“Il cambiamento non è positivo se non è condiviso, sicché cercherò di costruire con gli operatori del diritto ed a favore degli utenti una rete scambievole di esperienze e buone prassi che possa portare l’Ufficio ad essere quel riferimento di giustizia che Putignano ha avuto da sempre con la sede della Pretura prima e della Sezione Distaccata del Tribunale di Bari poi, avvalendosi di ottimi Magistrati succedutisi nel tempo, valenti collaboratori ministeriali prima e comunali oggi e l’ausilio ed il conforto di tutti gli Avvocati del territorio, valenti e capaci”.

Vuole lanciare un messaggio alle nostre comunità?

“L’invito a considerare l’Ufficio del Giudice di Pace di Putignano un’opportunità, un riferimento, il presidio di giustizia sul territorio a disposizione delle comunità e dei cittadini che li ricomprendono in uno alle Amministrazioni che li rappresentano mercé l’ausilio insostituibile e prezioso delle Forze dell’Ordine del territorio dai Carabinieri alla Polizia Locale che ringrazio sin d’ora per la collaborazione.

A tutti l’augurio di buon lavoro inteso sempre e soltanto come servizio e ad maiora semper!”.

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