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Voucher, diritti e dignità delle lavoratrici e dei lavoratori

Jobs Act: ok Consulta, si fara' referendum su voucher

Il 28 Maggio era previsto il referendum ottenuto con la raccolta delle firme su iniziativa della Cgil, quali erano i contenuti dei quesiti referendari? 

I contenuti sono i seguenti:

Voucher. Il 2015 ha visto un boom nell’utilizzo dei voucher, i famosi “ticket da mini-impiego”, inventati per cercare di regolarizzare le piccoli mansioni pagate spesso in nero. Sempre più di frequente, però, attraverso l’utilizzo dei voucher il lavoratore accettava impieghi barattati al ribasso e vedeva azzerati i propri diritti con una minima contribuzione ai fini previdenziali. La Cgil ha quindi voluto cancellare i voucher perché non combattevano per nulla il lavoro nero, anzi il loro abuso determinava la sommersione (invece che l’emersione) del lavoro irregolare.

Licenziamenti. Secondo la normativa vigente, un licenziamento ingiustificato prevede il pagamento di un’indennità che cresce con l’anzianità di servizio, da un minimo di 4 fino ad un massimo di 24 mensilità. La Cgil ha chiesto il referendum per il reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento disciplinare giudicato illegittimo, estendendolo anche per le aziende sotto i 15 dipendenti, fino a 5 dipendenti, al fine di ripristinare un principio fondamentale di giustizia nel lavoro. Nelle aziende con meno di 5 addetti, la normativa vigente prevede un reintegro che non è automatico e che invece dipende dalla discrezionalità del giudice, con facoltà per il lavoratore di scegliere un congruo risarcimento o il reintegro. 

Appalti. L’abrogazione delle norme che limitano la responsabilità solidale negli appalti vuole difendere i diritti dei lavoratori occupati negli appalti e sub appalti coinvolti in processi di esternalizzazione, assicurando loro la tutela dell’occupazione nei casi di cambio d’appalto e contrastando le pratiche di concorrenza sleale poste in essere da imprese non rispettose del dettato normativo. L’obiettivo è rendere il regime di responsabilità solidale omogeneo, applicabile in favore di tutti i lavoratori a prescindere dal rapporto con il datore di lavoro. Ripristinare la responsabilità in solido tra appaltante e appaltatore significa garantire la stessa dignità a tutti i soggetti che, direttamente o indirettamente, contribuiscono alla crescita aziendale.

Che tipo di contratto sono i Voucher e cosa prevedono per i lavoratori e per i datori di lavoro?

Il voucher non è un contratto di lavoro, ma uno strumento secondo il quale ad una prestazione di natura meramente occasionale (e quindi di lavoro accessorio) corrisponde una retribuzione. Il voucher, nelle ultime disposizioni legislative, cambia nel criterio di quantificazione del compenso del lavoro accessorio, che passa ad un ancoraggio di natura oraria parametrata alla durata della prestazione stessa, cosi da evitare che un solo voucher, attualmente di euro 10, possa essere utilizzato per remunerare prestazioni di  diverse ore. I voucher sono numerati progressivamente e datati: soprattutto quest’ultima consentirà di verificare se i buoni lavoro siano utilizzati con riferimento al periodo indicato. Per la natura flessibile di un rapporto di lavoro, l’arco temporale di utilizzo dei voucher non può essere superiore ai 30 giorni decorrenti dal suo acquisto, in modo da evitare che la prestazione di lavoro si trasformi da occasionale a subordinata.

Qual è la prospettiva lavorativa di un lavoratore che viene retribuito attraverso i voucher e nel particolare che tipo di contributo pensionistico prevedono?

Il valore netto di ciascun buono lavoro INPS è di  €10 lordi, mentre il corrispettivo netto della prestazione al lavoratore è di  €7,50 e corrisponde al compenso minimo di un’ora di prestazione. Nei  €10 lordi di voucher è compresa la contribuzione obbligatoria per il lavoratore pari al:

  • 13% a favore della gestione separata INPS, che viene accreditata sulla posizione individuale contributiva del prestatore;
  • 7% a favore dell’INAIL per l’assicurazione anti-infortuni;
  • 5% di compenso al concessionario (Inps) per la gestione del servizio.

Se il datore di lavoro intende pagare, per esempio, l’intera giornata di lavoro al prestatore, il committente può acquistare buoni lavoro Inps multipli, per esempio da €50 lordi, il cui netto è di €37,50, oppure voucher da €20 lordi (il cui netto è di €15). Non essendoci una contribuzione adeguata per il sistema pensionistico, il  lavoratore pagato con voucher si trova, in prospettiva, con una pensione bassissima.

Cosa succederà nei rapporti di lavoro ora che sono stati aboliti?

Fino al 31 dicembre 2017 (c.d. periodo transitorio) resteranno in vigore le vecchie regole, nel senso che i buoni di lavoro Inps acquistati fino al 17 marzo 2017 potranno essere utilizzati entro fine anno. I datori di lavoro che fossero sprovvisti di tale strumento potranno regolarizzare le prestazioni di lavoro saltuarie facendo ricorso ad altre tipologie di assunzione, come il contratto di lavoro a chiamata intermittente. A partire dal 1 gennaio 2018, sarà definitiva l’abolizione dei voucher Inps ed i datori di lavoro dovranno adottare altri strumenti per la retribuzione del lavoro occasionale accessorio. Il Governo Gentiloni dovrà mettere a punto un nuovo strumento: che si tratti dei “mini-jobs” alla tedesca o dei “Cesu” alla francese, per ora si tratta soltanto di  semplici supposizioni.

Il decreto soddisfa il sindacato?

Certamente si, soddisfa in pieno quello che era  l’obiettivo prefissato con i quesiti referendari.

 Esistono delle pratiche di mutualismo che la Cgil adotta per aggregare e aiutare questo tipo di lavoratori?

Che io sappia non ci sono forme di mutualismo di questo tipo, ma ritengo che la migliore forma di aggregazione “solidale” sia proprio quella di restare costantemente al fianco di ciascuno dei lavoratori ed in prima linea nella difesa dei diritti di essi.

In che modo proseguirà la campagna della Cgil e di cosa parla, per sommi capi, il nuovo statuto dei lavoratori promosso dal sindacato?

La Cgil sta promuovendo la “Carta dei diritti”, che è una raccolta di norme rivolte a tutto il mondo del lavoro, subordinato e autonomo. L’obiettivo è ambizioso: far diventare la Carta una legge d’iniziativa popolare per ridare dignità a tutte le lavoratrici ed a tutti i lavoratori.

Con il nuovo Statuto la Cgil vuole innovare gli strumenti contrattuali preservando quei diritti fondamentali che devono essere riconosciuti ed estesi a tutti, senza distinzione, indipendentemente dalla tipologia lavorativa o contrattuale, perché inderogabili ed universali. Mi riferisco a diritti che vanno dal compenso equo e proporzionato alla libertà di espressione, dal diritto alla sicurezza al diritto al riposo, ma anche alle pari opportunità ed alla formazione permanente (intesa come un aggiornamento costante di saperi e competenze).

Cosa pensa delle politiche attuate da questo governo?

“Politiche” è una parola che darebbe dignità all’attività di questo governo che, in realtà, oltre agli slogan, non ha fatto nulla. Sono ingabbiati nelle loro beghe interne e, in virtù di una falsa legittimazione popolare,  per l’ennesima volta, ci ritroviamo un governo tecnico ben lontano dagli iniziali propositi, con la scusante di costruire una nuova  legge elettorale, che è però un aborto continuo.  Sui temi importanti ha illuso la cittadinanza, come, ad esempio, i terremotati lasciati soli, le politiche industriali praticamente inesistenti e, sul piano economico, un debito pubblico che è in crescita e che non ci permette di intervenire in maniera concreta sulle difficoltà.

Cosa si intende per reinserimento della solidarietà negli appalti?

Partendo dal campo fiscale, dal giugno 2013 si è previsto che l’appaltatore rispondesse in solido con il subappaltatore del versamento all’erario delle ritenute fiscali dovute sui redditi di lavoro dipendente.

Il grado di responsabilità e di rischio economico rispettivamente per committente ed appaltatore nei confronti del subappaltatore era differente. L’appaltatore rispondeva in solido con il subappaltatore del versamento all’erario delle sole ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente. Il committente, dal canto suo, poteva pagare il corrispettivo all’appaltatore solo dopo aver verificato che gli adempimenti degli obblighi tributari già scaduti fossero stati eseguiti correttamente. Nel caso in cui il committente avesse pagato il compenso senza aver prima controllato la regolarità, era soggetto ad una sanzione amministrativa da 5mila a 200mila euro.

Successivamente, è entrato in vigore il decreto legislativo n. 175/2014 a tema “Semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata”, il quale ha abrogato, per gli appalti di opere e servizi, la responsabilità solidale dell’appaltatore con il subappaltatore con riferimento al versamento all’erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente dovute dal subappaltatore in relazione alle prestazioni effettuate nell’ambito del rapporto di subappalto.

Con riferimento all’aspetto retributivo, ai sensi del decreto legge n. 223/2006, il committente era obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamentin retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali ed i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto.

Il decreto del 2014 è intervenuto anche su quest’ultima norma, prevedendo che, in caso di pagamento delle retribuzioni da parte del committente, e solo in quello, il committente è tenuto anche ad assolvere agli obblighi del sostituto di imposta, compreso il versamento delle ritenute.

 

A questa liberalizzazione degli obblighi del committente verso i lavoratori dell’appaltatore, come ha risposto il sindacato e il governo?

Alla luce di tale normativa, la Cgil ha spinto il legislatore ad introdurre due fondamentali novità, contenute nel decreto legge n. 25/2017, che riconoscono maggiori tutele a favore dei lavoratori: se i pagamenti non arrivano ed il lavoratore va in giudizio, l’azione esecutiva nei confronti del committente non è più subordinata a un precedente tentativo nei confronti dell’appaltatore ed il committente è tenuto a pagare stipendio e contributi ai dipendenti dell’appaltatore, sul quale poi ha il diritto di agire per ottenere il rimborso.

 

Quindi come sarebbero tutelati ad oggi i diritti dei lavoratori?

Dato che adesso il responsabile, insieme al subbappaltatore, è il committente, quest’ultimo non può più disinteressarsi del rispetto di diritti, come il minimo salariale, il TFR e la sicurezza sul lavoro, da parte delle aziende in subbappalto. Se prima il committente poteva lavarsi le mani, ora non può più farlo. Capitava inoltre che ci fossero aziende subbappaltatrici che fossero fittizie e, quando un lavoratore apriva una vertenza, finiva malissimo. Se le norme prima di questa normativa erano complicatissime ed il committente poteva, in modo o nell’altro, attraverso escamotage di varia natura, riuscire a svincolarsi dalle responsabilità, adesso la norma è chiara dando l’incombenza al committente, così come agli altri appaltatori.

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