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Cultura

“Ciò che gli occhi non dicono”

ali di chimera (5)

 

L’importante ruolo della donna nella società moderna


In occasione della giornata internazionale sulla violenza contro le donne, venerdì 25 novembre, l’associazione Ali di Chimera, capitanata dal suo presidente Mariano Di Venere, ha organizzato un suggestivo evento nel Convento delle Clarisse di Turi, dal nome “Ciò che gli occhi non dicono”.

La serata, è stata l’occasione per portare all’attenzione di un vasto uditorio il sentito tema del ruolo della donna nella società odierna, le contraddizioni da cui tuttora questo ruolo è afflitto, i suoi aspetti positivi come quelli più torbidi, un’imperdibile opportunità di confronto in cui poter affacciare prospettive e confronti. L’evento prevedeva diversi momenti di riflessione, rappresentati da workshop, dibattiti e presentazione di libri. C’è stata infatti la presentazione del libro di Mimma Leone, “Il mare per le conchiglie”, e quella di “Tredici storie per tredici donne” scritto da Giulia Basile.

Il dibattito finale, intitolato “Tabù Donna”, è stato il momento più significativo della serata, in cui eminenti personalità del mondo socio-culturale non solo turese, ma anche regionale, si sono confrontati sui temi salienti che la querelle “donna” apre, affrontando i caustici squarci forniti dai più recenti casi di cronaca, e soprattutto hanno fornito il loro punto di vista su prospettive future e possibili soluzioni, in un’atmosfera di serena e costruttiva condivisione.

“Si è creato un clima meraviglioso di condivisione e di reale di confronto” – ha dichiarato un Mariano molto emozionato dalla buona riuscita della manifestazione. “Mi è piaciuto molto che durante il dibattito ci sia stata partecipazione da parte del pubblico, sono intervenuti con commenti e domande che hanno reso il tutto dinamico e partecipativo”.

Proviamo a ripercorre i punti cardine affrontati nell’importante dibattito.

La cultura della vergogna

Perché una donna, oggi, deve ancora vergognarsi o preoccuparsi di cose che per gli uomini non vengono affatto soppesate? Si tratta di un problema che attiene la quotidianità più stretta, a partire dalla domanda, che ci si pone ogni mattina: “Cosa indosso oggi?” E basta poco per accorgersi di quanti pregiudizi sottili, basati in modo preponderante sull’esteriorità, affliggano la vita femminile. Una coltre di prescrizioni invisibili, come quella che impone a una donna grassa di non poter svolgere proficuamente attività sportiva (come per il trio di arciere, divenuto celebre, nelle ultime Olimpiade, definito, in prima pagina, il “trio di cicciottelle”), il body-shaming, lo slut-shaming (tra cui l’ultimo, angosciante caso di Tiziana Cantone, portata addirittura al suicidio per suoi contenuti hard finiti in rete). Barriere culturali fortissime, specie in determinate zone del nostro Paese, che nascono dal semplice fatto di “essere donna”, in una sorta di macabro e angoscioso sillogismo. È così difficile abbatterle? Da dove, e come cominciare?

La cultura della violenza: come abbatterla

Suonerebbe paradossale anche il solo sentir parlare di violenza fisica nel 2016 a danno delle donne, ma casi come quello di Lucia Annibali (l’avvocato sfregiato in volto con dell’acido dal suo ex-compagno) risultano quanto mai attuali e tonanti. Anche questo immane problema, come il primo, può essere ricondotto a fattori squisitamente culturali, che però si traducono in conseguenze pratiche: violenza è non solo quella che porta all’omicidio, ma anche quella psicologica, la tortura della sottomissione mentale, così come anche le vessazioni che si ricevono nelle strutture mediche specialistiche, specie per quanto riguarda casi di contraccezione e aborto. Quali politiche attuare? Quando si inizierà davvero a porgere le orecchie al televisore, quando si sentirà di qualche nuovo caso di femminicidio al telegiornale? Forse bisognerebbe enfatizzare il ruolo della giustizia, mettere in primo piano la certezza della pena accompagnata da un rigoroso piano di rieducazione.

Potere e donna

Come il connubio “genere femminile” e “ruolo di potere” va rivalutato e valorizzato. Nel bene e nel male, l’ultima campagna elettorale statunitense ha dimostrato, perlomeno sul terreno social, come una donna al potere possa risultare ancora come una prospettiva dissonante, non congrua al naturale stato delle cose, nefasta, stregonesca. Oggi in Italia sembra davvero smuoversi qualcosa, perlomeno all’esterno. È davvero così? Quanto ancora si può fare, sia fuori che dentro i palazzi del potere?

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