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Attualità

Un terremoto che devasta dentro

Tolentino


Il panettiere turese Giuseppe Santamaria ha vissuto in prima persona
il terremoto del 30 ottobre


Quando una tragedia accade, poche sono le parole che finiscono per non suonare banali e retoriche; molte sono invece le storie legate alla tragedia stessa. Ci riferiamo ovviamente alla terribile ondata sismica che, dallo scorso agosto, sta devastando il Centro Italia. Storie che si intrecciano, storie che finiscono con toccare anche noi, lontani chilometri dagli epicentri di quelle scosse.

È il caso di Giuseppe Santamaria, fratello di Michele che da tempo gestisce un panificio a Turi. Anche lui panettiere, Giuseppe si è trasferito per lavoro a Tolentino, uno dei comuni della provincia di Macerata più colpito dalla scossa di domenica scorsa.

Il ragazzo ha vissuto la tragedia del terremoto in prima persona, ha visto la terra tremare impazzita sotto di lui e si è reso conto in un secondo della precarietà della vita umana, di come essa sia nient’altro che un soffio. Subito dopo si è rifugiato a Turi per qualche giorno, sotto choc.

Come ricordavamo, il terremoto dello scorso 30 ottobre, che ha avuto Norcia come epicentro, ha colpito duramente anche Tolentino. Tantissime le abitazione crollate o gravemente danneggiate: una prima stima parla di più della metà delle abitazioni dichiarate non agibili. Altrettante le famiglie costrette a cercare riparo nelle strutture messe a disposizione dalla Protezione Civile o ad abbandonare la città, come il nostro Giuseppe che si è rifugiato a Turi per qualche giorno.

Giuseppe preferisce non parlare, lo fa per lui il fratello Michele: «Ha arraffato le cose di prima necessità ed è scappato via, letteralmente. È molto terrorizzato. La tragedia lo ha messo in crisi; sta valutando mille cose, la confusione è tantissima». Non vuole aggiungere altro e lo capiamo. Siamo vicini a Giuseppe perché possiamo solo immaginare quello che ha passato.

Intanto il fratello Michele è tra quelli che ha mandato una grande quantità di aiuti ad Amatrice e ai terremotati. Fare volontariato può aiutare in questo caso a superare l’inconscio senso di colpa di chi, come noi, non ha vissuto una tragedia così devastante. Perciò ci sentiamo di dire, forza Giuseppe, forza ragazzi, la vita continua. Con sobbalzi e dopo tante lacrime e interrogativi che rimarranno insoluti, ma continua.

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