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Pioggia e grandine: dopo la “tempesta” si cerca di salvare il salvabile

danni ciliegie (2)


Tre ipotesi per aiutare gli agricoltori
e rilanciare il comparto agricolo


Oltre ai lavoratori stagionali, altro punto nodale affrontato nella conferenza stampa del 25 maggio è stata la crisi cerasicola. Il Sindaco Coppi e il consigliere comunale Antonello Palmisano hanno parlato della problematica legata alle abbondanti precipitazioni a carattere piovoso e grandinoso che hanno, senza dubbio alcuno, arrecato un danno considerevole sia al settore cerasicolo, sia all’intero indotto. Ancor prima della forte grandinata, si erano susseguiti una serie di incontri, tra cui quello con l’assessore regionale all’Agricoltura Leonardo Di Gioia, a cui hanno partecipato i sindaci e gli assessori di Turi, Casamassima, Conversano, Sammichele e Castellana Grotte. Ebbene, già in quella fase si era cercato di analizzare i danni causati alle coltivazioni dopo i due giorni di piogge battenti, chiarendo che alcuni eventi calamitosi non vengono riconosciuti come calamità naturali in senso stretto, perciò i danni causati da eventi come forti piogge e grandinate non vengono coperti da alcun contributo statale.

La strada più semplice sarebbe stata quella di focalizzarsi invece sulla mancata allegagione (il mancato passaggio da fiore a frutto, dovuto agli sbalzi climatici degli ultimi anni), questa sì riconosciuta come calamità naturale. Il fenomeno si è presentato in tutta la regione in misura considerevole sulle diverse colture, e i dati rilevati a Turi dai periti lo dicono chiaramente: 60-70% sulla Bigaro, 30% sulla Giorgia, 60% sulla Ferrovia. Alcuni hanno potuto ovviare al problema con le assicurazioni, ma si tratta comunque di una minoranza legata soprattutto ai medio-grandi imprenditori e al settore del biologico.

L’ultima grandinata, che ha portato danni per 90 milioni di Euro, ha messo definitivamente in ginocchio non solo gli agricoltori ma l’intero comparto economico locale, rendendo quanto mai necessaria l’attivazione di ogni canale politico, da quello regionale al Parlamento. Difatti il Sindaco di Bari Antonio Decaro ha espresso la propria solidarietà ai comuni colpiti, prendendo l’impegno di intercedere presso il Parlamento (come hanno effettivamente fatto gli onorevoli Ginefra, Mongelli ed altri).

Dopo aver analizzato metodicamente il problema, due sono le strade prospettate: la proposta di aumento del Fondo Solidarietà, per incentivare i coltivatori ad assicurare i propri beni agricoli, e quella di modifica del Piano di Sviluppo Regionale al fine, ad esempio, di finanziare le coperture per le coltivazioni di ciliegio. A proposito di quest’ultima possibilità, molti si opporrebbero per l’effetto visivo delle coltivazioni, soprattutto perché la nostra regione punta molto sul turismo. Tuttavia i tendoni non andrebbero tenuti per troppo tempo come per la vite, anzi dovrebbero essere installati dalla fioritura alla raccolta, quindi per una ventina di giorni. Inoltre sarebbero applicabili solo sugli impianti di nuova generazione, essendo – a differenza di quelli vecchi – più ordinati e uniformi.

Infine, una terza via per risanare i danni potrebbe essere quella di richiedere lo stato di emergenza invece che di calamità: il primo, a differenza del secondo, testimonia un’emergenza su tutti i fronti e non solo su quello agricolo.

In particolare però il problema di Turi è che sta venendo sempre più a mancare il microclima esclusivo della zona, che permetteva di fare della ciliegia la punta di diamante dell’economia, sia in senso agricolo che in senso generale.

Che sia giunto finalmente il momento di capire che è necessaria una differenziazione industriale e l’instaurazione di una filiera che non ci dia come prodotto finito la ciliegia, ma anche altri derivati; tutto questo come risultato di una selezione naturale che costringe il sistema ad adattarsi.

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