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Un piatto di faldacchea per l’impegno al matrimonio

faldacchea rotary

De Carolis riporta alla luce un’antica usanza, in auge sino agli anni ’40, che vede la faldacchea protagonista delle tappe che precedono il rito nuziale

Abitualmente definiamo la faldacchea come il “dolce della sposa” e, fino ad oggi, l’associazione con il lieto evento era spiegata in funzione del dono che veniva riservato ai testimoni di nozze. Nell’incontro organizzato nell’ex Chiostro dei Francescani dal Rotary Club Putignano “Trulli e Grotte”, presieduto dal concittadino ing. Francesco Mercieri, Stefano de Carolis ha aggiunto un ulteriore tassello, riportando alla luce un antico rito che vede il dolce tipico di Turi protagonista anche delle tappe che precedono il matrimonio.

sindaco e mercieri

La serata è iniziata con i saluti istituzionali. Il presidente Mercieri ha sottolineato che l’appuntamento si inserisce «nell’ambito dello sviluppo sostenibile e della riscoperta e della valorizzazione degli antichi mestieri; inoltre, la produzione di faldacchea rappresenta oggi un’importante realtà economica della nostra comunità».

Il sindaco Tina Resta ha rimarcato la tipicità del dolce turese, ricordando l’impegno che de Carolis ha profuso «per valorizzare la faldacchea in Italia e nel mondo, unendo le maestre dolciaie turesi in un’associazione e riuscendo ad ottenere la denominazione PAT (prodotto agroalimentare tradizionale)».

Rita Costantini

A seguire, la parola è passata a Stefano de Carolis, presidente dell’associazione “La Faldacchea di Turi”: «Recentemente – spiega – ho potuto approfondire un altro aspetto della tradizione tramandataci da Anna Antonia Martinelli, capostipite delle nostre maestre dolciaie. Come mi ha raccontato un’epigona della “monecacédde”, la novantenne Rita Costantini (nella foto a sinistra), in occasione del fidanzamento, per cementare la promessa di matrimonio, ciascuna famiglia acquistava un piatto di buona fattura e lo affidava alla maestra dolciaia, la quale provvedeva a sistemare le faldacchee, molto più grandi delle attuali e appositamente decorate a mano».

«La quantità di dolci commissionata e la fattura del piatto – precisa – dipendevano dall’estrazione sociale della famiglia e, dunque, dalla disponibilità economica: si andava dall’alzatina in fine porcellana del notabile al piatto da portata in ceramica delle famiglie meno abbienti. Oltre al piatto di faldacchea (u piàtte dòlce), che poteva arricchirsi di altri dolci di pan di spagna e crema con glassatura, il futuro sposo regalava alla promessa sposa l’anello di fidanzamento e tre particolari oggetti: un ombrello, un paio di guanti e una borsetta».

sposi anni 20

«Otto giorni prima del matrimonio – prosegue de Carolis – si preparava un secondo piatto di faldacchea, sistemato in un cesto in vimini o in paglia, all’interno del quale venivano disposte anche le altre pietanze approntate per il sobrio pranzo che ciascuna delle due famiglie era tenuta ad offrire. Il terzo piatto di faldacchea veniva donato il giorno del matrimonio ai testimoni».

«La faldacchea – riflette – non era solo un simbolo di buon auspicio per la futura coppia, bensì assumeva il valore simbolico di legame tra le due famiglie, andando a sugellare il “patto patrimoniale” che spesso accompagnava i matrimoni dell’epoca. Questa usanza, esclusivamente turese, inizia a sbiadire verso la fine degli anni ’40, quando la nascita delle prime sale ricevimento rivoluziona il rito del pranzo nuziale e, successivamente, l’avvento della plastica porta a sostituire il piatto con la classica guantiera che ancora oggi viene impiegata».


Il ‘dolce’ baciamano delle badesse

Il concetto di “legame” associato al “piatto di dolci”, su cui pone l’accento de Carolis, si ritrova anche in un altro antico costume, approfondito dallo storico Antonio Fanizzi: il baciamano riservato alle badesse di Conversano.

Come documenta Fanizzi nel volume “Baciamano per le badesse di San Benedetto. Storia della cerimonia dal XVI al XIX secolo” (2017), l’obbligo del baciamano alla badessa da parte del Clero di Castellana pare sia stato introdotto nel 1577 in occasione della elezione della badessa Isabella Acquaviva d’Aragona (9 febbraio) ed è proseguito fino al 1810, quando il re Gioacchino Murat abolisce la giurisdizione badessale sul clero e sul popolo di Castellana.

In sintesi, si trattava di una «cerimonia solenne, seguita da un regolare atto notarile rogato, durante la quale «il clero di Castellana prestava fedeltà e obbedienza alla badessa del monastero di San Benedetto, alla presenza del Conte di Conversano e dei nobili dei Comuni viciniori, tra cui il Marchese Venusio di Turi. Al termine del rito, le monache benedettine in “segno di servitù e di buon animo” omaggiavano il clero di Castellana con dolci a base di mandorla adagiati in un piatto di ceramica».


La proposta di un museo civico

Ritornando all’incontro rotariano, Stefano De Carolis ha approfittato della mostra di utensili da pasticceria di inizio ’900, allestita per l’occasione, per rinnovare al sindaco la proposta di istituire un museo civico permanente che custodisca la storia del dolce di mandorla e della faldacchea.

A degna conclusione della serata, la maestra dolciaria Nunzia Di Brindisi ha dato vita ad una dimostrazione della produzione del dolce tipico di Turi ed ha deliziato i presenti con gli squisiti bocconotti (dolcetti di pasta frolla ripieni di pasta di mandorla e amarena), molto apprezzati dagli ospiti.

bagnomaria 900Bagnomaria da pasticceria alimentato a carbone (inizio ’900)

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